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"I 'ragazzi' devono darsele". La tragicommedia degli ultrà

Inchiesta su tifoseria dell'Atalanta, spuntano le telefonate. La fidanzata: "Tira fuori i c.". Lui: "Ma se ho 5 anni di diffida"

Andrea Tempestini
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L'unico obiettivo è la guerriglia urbana. Non siamo né in Egitto né in Tunisia, ma a Bergamo, alle stazioni ferroviarie del Belpaese e nelle vie che circondano gli stadi italiani. Dall'inchiesta sugli ultras dell'Atalanta che ha coinvolto anche due assessori leghisti, sono spuntate le intercettazioni telefoniche ai "ras" della curva, pubblicate dall'Eco di Bergamo. E il quadro che emerge è a dir poco grottesco. "I RAGAZZI VOGLIONO PROVARE" - "Noi non siamo in grado rispetto a voi, però è anche giusto che i ragazzi giovani vogliano provare", spiega M., ultrà genoano, in una telefonata con il "Bocia", ovvero Claudio Galimberti, il leader della curva dell'Atalanta. Ma provare a fare cosa, si chiederanno i più. Semplice: a picchiarsi, caricarsi, menarsi, sprangarsi e chi più ne ha più ne metta. Il momento - tra tessera del tifoso e la stretta delle forze dell'ordine contro la violenza negli stadi - sconsiglia però di invischiarsi in tafferugli, ma "se poi capita, capita", chiosa il Bocia. E infatti qualcosa "capita". Il 24 gennaio 2010 la squadra bergamasca gioca a Marassi contro il Genoa. Tre diciottenni di Dalmine, dopo la partita, non rimangono con la tifoseria organizzata e tornano autonomamente alle loro macchine. "Intercettati" dai tifosi rossoblù vengono aggrediti con cinghiate e spary al peperoncino. "Era da sapersi. Ci può sempre stare", spiega la fanzine della Curva Nord dell'Atalanta. Tutto è lecito, tutto è previsto e tutto è giusto: quel che conta è darsele. "CHI HA VINTO?" - La "particolare inclinazione" del mondo ultras emerge con chiarezza anche dopo gli incidenti di Atalanta-Inter del 13 dicembre 2009. Un esponente di spicco della curva orobica chiama un "collega" milanese. L'argomento di cui si discute è: "Chi ha vinto?". Per stabilirlo si cerca di ricostruire chi abbia preso più "cinghiate" e quanti siano i "conigli" che sono scappati. Sui blog impazza la polemica che riguarda i "fuggitivi", e rientra in scena il "Bocia": "Ma quale fugone", commenta al telefono con un altro tifoso, "erano cianotici, erano bianchi, mi dispiace che nessuno li ha lasciati in terra, quello sì". Se ne evince che i tifosi in causa fossero talmente codardi da meritarsi una bella dose di "mazzate", a prescindere dalla fede calcistica nella Dea. "E' TUTTO TRANQUILLO, PURTROPPO" - Le intercettazioni rivelano anche i tatticismi delle curve, ben conscie della "forza" dei loro nemici. "Sono in gamba, quelli si scontrano", spiega ancora il "Bocia" il 10 gennaio 2010, quando gli ultrà atalantini sono diretti verso Palermo. Tutto è pronto per la consueta dose di violenza gratuita, ma è grande il disappunto quando un supporter dell'Atalanta contatta il "Paso" (un altro tifoso nerazzurro), che spiega: "E' tutto tranquillo, purtroppo". L'astinenza dura poche ore: il giorno successivo, dopo la partita, un gruppo di 30 palermitani blocca il convoglio dove viaggiavano gli atalantini. E sono botte da orbi, tra spranghe e bastoni, sui binari della ferrovia. Gli Atalantini esultano: hanno messo in fuga gli avversari. "VEDI QUANTO SONO PERICOLOSO..." - Ma è dalle intercettazioni del giorno successivo allo scontro con i siciliani che trapela uno dei particolari più sconcertanti. Il protagonista è un amico fraterno del "Bocia", che chiacchiera al telefono con la sua ragazza. Lei, però, non è soddisfatta del comportamento del suo uomo, e lo invita a "tirar fuori i coglioni". Punto nell'orgoglio, l'ultrà atalantino replica: "Quando li ho tirati fuori, cinque anni di diffida ho preso, allo stadio una delle diffide record della Bergamasca, non dimenticarlo mai. Siamo in pochi ad avere cinque anni, giusto io, il "Bocia", e pochi altri. E' indice della mia pericolosità", conclude orgoglioso. La sua "grandezza", insomma, è direttamente proporzionale alla lunghezza della sua fedina penale.

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