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Così nacque il superpartito pm-sinistra: "Nei '90 Pds usò i giudici anti-sistema"

Un ex pezzo grosso di Magistratura Democratica: "Nelle procure italiane chi è di destra è muto" / SPECCHIA

Giulio Bucchi
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Tutto cominciò da una paginata tragicamente profetica de Il manifesto: una colata di piombo negli anni delle colate di fango. «Iniziò tutto, se non mi sbaglio, da un dossier pubblicato sul quotidiano Il manifesto sulla questione giustizia (tra il maggio  e luglio '90, o '91): fu preso molto a cuore dagli ultimi comitati centrali Pci/Pds. Si trattava di un report che descriveva a e dettava esattamente i rapporti nascenti tra i magistrati e l'ex Partito comunista, prima erano inestistenti, anzi. Dal Manifesto si evinceva un nuovo modo per scardinare il sistema, si illustrava come, attraverso le nuove leve della giustizia, si sarebbe arrivati al potere. Una strategia che il Pci-Pds cavalcò. Perché, in quel momento c'era un buco, un vuoto di potere; e c'era un'ideologia di sinistra a cui serviva un partito...». Il “partito dei giudici”. La parole sono sdrucciole. L'accento al telefono di chi spiega, qui sopra, genesi e eziologia della forza storica che affolla le aule di tribunale è napoletano. Appartiene a un signore perbene che, sgranando i propri ricordi di magistrato in pensione da vent'anni, si rivela profondo conoscitore della Procura milanese, già pezzo grosso all'interno di Magistratura Democratica. Ovviamente, per questioni di mera sopravvivenza, l'ex pretore e piemme preferisce mantenere l'anonimato. Eppure da deluso della sinistra («Non lo sono più. Ma non posso rinnegare certo gli anni passati in Magistratura Democratica. I miei valori di sinistra rimangono,  fu la loro interpretazione ad essere sbagliata») rievoca progetti e intenzioni del “partito dei giudici” che, col tempo, «si rivelarono lo specchio di ciò che poi è avvenuto...». «Per dirle: esiste un un documento datato 12 marzo 1988 che riassume una riunione a Renate, nella villa di Gherardo Colombo, dove lo stato maggiore dell'Md milanese discuteva sulla riforma dell'ordinamento giudiziario (che vedrà la luce il 24 ottobre 1989) e soprattutto del nuovo ruolo del pubblico ministero...» confida il magistrato. Breve parentesi. Md è una corrente  fondata a Bologna il 4 luglio 1964, che ha visto progressivamente crescere il proprio peso all'interno dell'Associazione Nazionale Magistrati. Nel 1969 una scissione interna ne dimezzò i risultati alle elezioni dell'Anm del 1970 rispetto alle precedenti. Gli aderenti a Md, allora, si divisero in due tronconi: il primo rimase appunto all'interno di Magistratura Democratica, il secondo, guidato da Adolfo Beria d'Argentine, confluì nel movimento “Impegno Costituzionale”, in contrapposizione con l'area che si presumeva più direttamente legata all'estrema sinistra. Chiusa parentesi. Torniamo alle riunioni in casa Colombo. C'erano tutti. Dai magistrati che in un paio d'anni daranno vita al pool di Mani pulite, giudici e pretori a  - guarda caso -   Nicoletta Gandus, che da presidente della prima sezione penale del tribunale di Milano giudicò (nonostante una richiesta di ricusazione) il premier Silvio Berlusconi sul cosiddetto caso Mills. «La Gandus era una mia amica, conoscevo anche Oscar Magi e benissimo la Boccassini, dura ma molto brava. Ma da quando sono uscito dalla loro corporazione nessuno di loro -scusi- mi ha cagato più...», continua il nostro uomo. Tutti gli interventi di quel giorno sono contenuti in un fascicolo intitolato “I mestieri del giudice”(Etm). L'articolo più interessante fu soprattutto quello di Riccardo Targetti, allora sostituto alla Procura di Milano. «Targetti, alla luce del nuovo codice di procedura penale teorizzava la nascita del “pm dinamico”, diverso dal magistrato  “statico”, che sta lì ad aspettare dietro la scrivania  la notitia criminis  dai carabinieri e che si occupa di micro-criminalità da strada, malavita urbana e violazioni di legge. Il pm dinamico doveva dedicarsi anima e corpo alla “contrapposizione con altri poteri, palesi e occulti, dello Stato e della società”, alle “manifestazioni di devianza dei colletti bianchi”. E lo faceva sulla base di qualsiasi suggestione poteva avere pure da canali non ufficiali». Il concetto è: se, teoricamente, il pm sogna soltanto che qualcuno commette un crimine, può indagarlo. «Teoricamente sì. Il suo potere è enorme. E preoccupa, pensando che che all'interno di Md sono quasi tutti schierati a sinistra e che alla Procura di Milano quasi tutti sono di Md. Tra l'altro, anche chi non lo è si guarda bene dallo scontrarsi con la sua stessa casta». Cane non mangia cane. «Esatto ormai il pm è un poliziotto: per questo la soluzione migliore sarebbe la separazione della carriere...». Il giudice pentito ha la voce stanca, rotta dall'emozione. E, sulla strategia difensiva del premier è pessimista: «Denunciare i magistrati allo Stato? Inutile. Qualunque cosa faccia sbatterà contro un muro. D'altronde la strategia è chiara: stralciare la posizione di Berlusconi e andare a giudizio anche in un mese, comunque prima delle amministrative». Il racconto s'interrompe in un sospiro: dà l'idea d'una giustizia e d'una politica dalla tristezza infinite. di Francesco Specchia

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