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G20, la Cina è intoccabile. Lo yuan sottovalutato resta un tabù

Parigi, accordo sugli indicatori da utilizzare per misurare gli squilibri globali. Tremonti: "Non si è parlato di Draghi"

Andrea Tempestini
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Dal tavolo parigino del G20 ne è uscito un accordo sugli indicatori economici da utilizzare per misurare gli squilibri globali. Ma sull'altro grande tema - le speranze di spingere sulla rivalutazione della moneta cinese, lo yuan - bisogna archiviare l'ennesimo nulla di fatto. Su richiesta di Pechino, ovviamente accettata, non è stata fatta alcuna menzione sul tasso di cambio reale o delle riserve di valuta estera. LA MISURA DELLA CRISI - Il summit del G20 ha insomma trovato un accordo sugli indicatori economici da utilizzare per misurare gli squilibri globali. Lo ha riferito una fonte della presidenza francese. Sarebbero state superate le divergenze tra i paesi del G7 e quelli della cosiddetta area Brics (i grandi emergenti: Brasile, Russia, India, Cina, a cui il 13 aprile si è formalmente aggiunto il Sudafrica), che avevano proposto il ricorso alla bilancia commerciale (il rapporto tra importazioni ed esportazioni di un Paese) al posto di quella delle partite correnti. Nel dettaglio l'intesa riguarda una serie di indicatori che comprendono il debito pubblico, il deficit fiscale, i risparmi e i debiti privati, la bilancia commerciale e alcuni componenti della bilancia dei pagamenti, come i flussi di investimento netti. LO YUAN RESTA COM'E' - Come detto, però, la Cina non ha nessuna intenzione di rendere lo yuan più flessibile nell'immediato, continuando così a godere degli svantaggi competitivi che derivano dalla macroscopica svalutazione della divisa. A rendere pubblico il 'niet' di Pechino ci ha pensato il ministro delle Finanze canadese, Jim Flaherty. Il sottosegretario al tesoro degli Stati Uniti, Tim Geithner, si è comunque permesso di ricordare che la moneta cinese resta "di fatto sottovalutata", e ha affermato che il suo tasso di cambio reale non è sostanzialmente cambiato nonostante il lento apprezzamento seguito alle (blande) riforme monetarie approvate da Pechino lo scorso giugno. IL FUTURO DELLA BCE - Dal tavolo dei 20 si pensava potessero trapelare delle indicazioni sulla successione di Jean-Claude Trichet alla presidenza della Banca Centrale Europea, il cui mandato è sul punto di scadere. Nella rosa dei candidati, tra i favoriti c'è il numero uno di Bankitalia, Mario Draghi. Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti, però, ha spiegato che a Parigi "non si è parlato" della successione di Trichet. "Condivido la posizione espressa su Draghi dal presidente del Consiglio Berlusconi", ha spiegato Tremonti, "ma oggi non se ne è parlato. Quando sarà il momento se ne parlerà nelle sedi istituzionali, ma non mi sembra questa la sede e considero sia controproducente parlarne ora". Trichet lascerà il vertice dell'Eurotower il prossimo ottobre. Axel Weber, il dimissionario presidente della banca centrale di Berlino, si è ritirato dalla corsa alla poltrona, e la circostanza ha fatto impennare le (già buone) quotazioni di Draghi. Il verdetto, nei prossimi mesi, spetterà al consiglio europeo dei capi di Stato e di governo.

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