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Per il crac Cirio richiesti 15 anni per Cragnotti

Mano pesante dei pm di Roma nel processo per bancarotta fraudolenta: chiesti 8 anni per Geronzi e uno per Fucile.

Andrea Tempestini
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Mano pesante dei pm di Roma per il crac Cirio: quindici anni per Sergio Cragnotti, otto per Cesare Geronzi e dodici mesi per Filippo Fucile. Queste le richieste giunte alla conclusione della requisitoria dai pubblici ministeri nel processo per bancarotta fraudolenta che riguarda la società. ALTRE RICHIESTE - Otto anni di reclusione sono stati chiesti dalla procura anche nei riguardi di Andrea e Elisabetta Cragnotti, figli dell'ex patron della Lazio, dell'avvocato Riccardo Bianchini Riccardi, dell'altro ex funzionario della Banca di Roma, Antonio Nottola. Sei anni, invece, sono stati chiesti, tra gli altri, per Massimo Cragnotti e Flora Pizzichemi, rispettivamente altro figlio e moglie dell'ex proprietario del gruppo Cirio e per gli ex funzionari della Banca di Roma, Pietro Locati, Remo Martinelli, Angelo Fanti e per quelli dell'ex Banca Popolare di Lodi, Gianpiero Fiorani e Giovanni Benevento. NO ALLE ATTENUANTI GENERICHE - Nel formulare le richieste di condanna, la procura di Roma ha spiegato a chiare lettere di non voler sollecitare per nessuno degli imputati la concessione delle attenuanti generiche. "Si tratta di fatti di estrema gravità - ha spiegato il pm Gustavo De Marinis - alla luce dei reati commessi cui va applicata la continuazione per i vari casi di bancarotta. La sola mancanza di precedenti penali non è sufficiente per concedere le attenuanti". Nei confronti dei 31 imputati per i quali è stata avanzata richiesta di condanna, la procura ha sollecitato l'interdizione in perpetuo dai pubblici uffici (solo temporanea per l'ex funzionario della Banca di Roma, Michele Casella), l'interdizione legale e l'inabilitazione all'esercizio di una impresa commerciale e incapacità a esercitare uffici direttivi di presso qualsiasi impresa per la durata di dieci anni. LEGALI DI GERONZI: "AGI' CON CORRETTEZZA" - Cesare Geronzi, come "tutti i manager della allora Banca di Roma, hanno agito con la correttezza e l'equilibrio di chi è attento alle esigenze del cliente, ma si guarda bene dal farsi trascinare dalle sue incontrollate aspiranzioni". Con queste parole Ennio Amodio e Paola Severino, i legali di Geronzi, hanno commentato le richieste delle toghe. Per i due avvocati la requisitoria dei pm è "generica e immotivata. Anche quando il cliente è solido e vitale", continuano, "le banche dovrebbero coltivare la logica del sospetto e pronosticare eviti rovinosi, pur se si convincono che una impresa gode di buona salute. E' questo il pensiero a cui si ispira la requisitoria dei pubblici ministeri nel processo Cirio, là dove prospetta responsabilità penali al di fuori della cerchia degli amministratori del gruppo Cragnotti. In questo modo però si trasforma la fisiologia del credito in una patologia del finanziamento, una condotta che le prove raccolte dal tribunale di Roma hanno invece persuasivamente escluso. I giudici", questa la conclusione di Amodio e Severino, "sapranno certamente andare al di là di queste implausibili presunzioni contenute in una requisitoria generica e immotivata. Potranno così riconoscere che tutti i manager dell'allora Banca di Roma, a cominciare dal suo presidente Cesare Geronzi, che peraltro non aveva specifici poteri in materia, hanno agito con la correttezza e l'equilibrio di chi è attento alle esigenze del cliente, ma si guarda bene dal farsi trascinare dalle sue incontrollate aspirazioni".

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