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Libia, emissari Raìs in Europa. Taglia su capo ribelli

Bombardati i pozzi petroliferi di Ras Lanuf. Due jet di Gheddafi verso il Belgio, terzo atterrato in Egitto. Italia: "Seguiremo Onu" / DIRETTA TV

domenico d'alessandro
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E' mistero sui jet di Gheddafi decollati questa mattina da Tripoli. "Sta lasciando la Libia ed è diretto in Egitto", era la notizia riferita dalla tv pan-araba Al Arabiya, che andava a 'completare' una nota ufficiale del Ministero della Difesa di Atene, secondo cui un aereo privato appartenente al Raìs ha sorvolato i cieli greci nel suo viaggio verso l'Egitto. Al Jazeera, invece, riferisce di tre jet privati del Colonnello decollati da Tripoli. Secondo fonti maltesi, due dei tre voli privati hanno fatto scalo in Italia - uno a Roma Fiumicino, l'altro a Milano Linate - ma il ministro della Difesa Ignazio La Russa ha smentito. A bordo dei due voli ci sarebbero sono emissari del Gheddafi diretti a Bruxelles per partecipare a riunioni dell'Unione europea e della Nato. Un terzo Falcon, diretto in Egitto, è atterrato e ospitava, a bordo, un emissario del Raìs. Lo spazio aereo su Tripoli, intanto, è stato chiuso. Guarda la diretta tv di Al Jazeera International Queste notizie giungono poche ore dopo le ultime due interviste di Gheddafi che, ai microfoni dell'emittente francese Lci e della tv turca Trt, ha accusato i Paesi occidentali - e in particolare la Francia - di guidare un "complotto colonialista" contro la Libia. Poi il Colonnello si è spinto oltre, arrivando a ipotizzare "misure di rappresaglia" contro la Francia, sebbene si dica fiducioso su future "visite" ufficiali in Europa una volta che "tutto sarà terminato". TAGLIA SUI RIBELLI - Nella serata di mercoledì le autorità del regime libico hanno reso noto di aver posto una taglia di 500.000 dinari (pari a circa 290mila euro) sulla cattura e la consegna del capo del Consiglio nazionale libico, il governo provvisorio ribelle, Mustafa Abdel Jalil. Lo ha annunciato la tv di stato, che ha definito Jalil una "spia". "VOGLIONO COLONIZZARE LA LIBIA" - "Vogliono colonizzare di nuovo la Libia - afferma il Raìs - E' un complotto colonialista". E a riprova della sua tesi, informa che martedì le sue forze hanno catturato diversi stranieri nel corso di vari raid: questo perché, spiega il Colonnello nel suo ennesimo farneticante discorso, l'influenza straniera è determinante sul movimento dei ribelli libici. Citando la presenza di "armi e alcool" all'interno delle moschee riconquistate dai suoi miliziani, secondo il leader nel Paese sono presenti rivoluzionari provenienti da Afghanistan, Egitto e Algeria. Le "forze straniere", ha quindi aggiunto Gheddafi, stanno reclutando giovani vulnerabili a Zentain, Al Zawiyah e Bengasi, le città in mano ai ribelli. Si dice inoltre deluso dal presidente francese Nicolas Sarkozy, "ma posso scusarlo - dice - come posso scusare l'ambasciatore libico e l'Onu: le informazioni che hanno ricevuto dai media esterni alla Libia non sono corrette, si tratta di fonti di bin Laden consapevoli che non ci sono altri rappresentanti dei media e che hanno fatto della disinformazione". "NESSUN CONSIGLIO NAZIONALE" - L'intervistatore, poi, pone due domande quasi "personali" al Colonnello: prima gli chiede se riesce a dormire bene, e lui risponde "sì, sì". Quindi lo interroga su cosa sia disposto a sacrificare per riportare la pace a Bengasi e riunificare la Libia, eventualmente discutendo con il Consiglio nazionale che si è costituto nella città orientale. Muammar risponde seccamente: "Non esiste nessun Consiglio nazionale, abbiamo combattuto contro al-Qaeda". I membri del suo governo che si sono uniti al Consiglio nazionale, ha 'svelato' il Raìs, "sono stati costretti a farlo perchè minacciati di morte. Non sono liberi, sono prigionieri". L'obiettivo numero uno, dunque, è combattere l'organizzazione terroristica: "Se vince Al Qaeda, tutta la regione, fino a Israele, precipiterà nel caos. La comunità internazionale sta cominciando ora a capire che dobbiamo impedire a Bin Laden di prendere il controllo della Libia e dell'Africa". "VENITE A VEDERE QUELLO CHE SUCCEDE" - Botta e risposta, poi, tra Gheddafi e il giornalista. Si parla delle stragi che sarebbero avvenute in tutto il Paese. "Bisogna essere pazzi per attaccare manifestanti pacifici, non lo farei mai", esordisce il Colonnello. Il cronista francese gli risponde: "Ma in tanti stanno denunciando la follia criminale del suo regime, ad esempio il nuovo ministro francese Alain Juppé". Il leader libico controbatte, chiedendo: "Ma ha visto quello che sta succedendo in Libia? No, lo ha solo sentito. Da chi? Al telefono, chiunque può mentire per telefono. Bisogna venire sul posto". Il francese gli fa notare che a Bengasi numerosi medici francesi stanno prestando soccorso ai feriti. Che tutti confermano un esodo impressionante di migliaia di persone tra la Libia e la Tunisia. Gheddafi risponde ridendo: "No, non è possibile, non è vero, è una menzogna. Chi è che li ha uccisi? Aspetti, non voglio ridere, non voglio scherzare, sto parlando di cose importanti che interessano a tutto il mondo. Penso di poter scusare queste persone perché sono state disinformate e hanno sentito menzogne". LA CONFERENZA STAMPA ANNULLATA - Nella giornata di martedì, il Colonnello aveva deluso i 200 giornalisti che lo aspettavano nell'albergo Rixos di Tripoli dove, aveva annunciato, avrebbe tenuto una conferenza stampa. Accompagnato dalle sue fedeli guardie del corpo, il Colonnello ha lasciato l'hotel indossando una tunica color ciocciolato e un turbante e agitando il pugno in aria, quasi in segno di sfida. I giornalisti attendevano Gheddafi da circa nove ore. GUERRA CIVILE - Continua intanto la repressione. Dopo giorni di raid aerei e cannoneggiamenti, le forze lealiste di Muammar Gheddafi avrebbero ripreso il controllo della città di Al Zawiyah. L'annuncio è stato dato dalla tv di Stato libica, nonchè da alcuni testimoni, secondo i quali i ribelli si sarebbero ritirati per poi tornare all'attacco. Fonti mediche riferiscono che negli scontri di oggi avrebbero perso al vita almeno 40 persone, fra cui  molti soldati del raiis, un generale ed un colonnello. Altri soldati fedeli a Muammar sono pronti a intervenire su Ras Lanuf. Una forte esplosione è stata udita vicino alle istallazioni petrolifere, e dall'area si leva un'enorme colonna di fumo per centinaia di metri nel cielo. La Tv di Stato ha annunciato che l'esplosione è stata causata da Al Qaeda. USA E GB: "SE NE VADA" - Intanto da tutto il mondo giungono, pressanti, le richieste di dimissioni. Richieste che suonano come minacce. Regno Unito e Stati Uniti chiedono "che Gheddafi vada incontro alle aspirazioni di libertà del popolo libico", si legge in un comunicato congiunto diffuso dopo una telefonata tra David Cameron e Barack Obama. Il segretario di Stato americano Hillary Clinton, ai microfoni di Sky News, ha precisato: "Penso che sia molto importante che l'impegno di attivare la no-fly zone nei cieli libici non sia guidato dagli Usa perchè la richiesta viene dalla gente in Libia. Penso che questa decisione debba essere presa dall'Onu". Secondo quanto trapelato dalle dichiarazioni della Clinton, dunque, alla fine gli Usa potrebbero accodarsi a quelle che sarebbero le decisioni dell'Onu. CONSIGLIO DI SICUREZZA - A Roma, intanto, si è riunito il Consiglio supremo di Difesa. Nel comunicato emesso al termine del summit si legge: "L'Italia è pronta a dare il suo attivo contributo alla migliore definizione ed alla conseguente attuazione delle decisioni attualmente all'esame delle Nazioni Unite, dell'Unione Europea e dell'Alleanza Atlantica". Il Consiglio ha valutato "le misure adottate e quelle in approntamento per il soccorso dei profughi e la loro evacuazione. Sono state altresì discusse le predisposizioni attivate, sul territorio nazionale e nella regione interessata, per far fronte - si legge ancora - ai prevedibili sviluppi della crisi ed agli eventuali rischi che ne potrebbero derivare". IL SOLDATO PASSATO COI RIBELLI - Il Washington Post racconta la storia di un militare libico che, costretto dai superiori ad aprire il fuoco contro i manifestanti anti Gheddafi, dopo aver colpito uno dei giovani manifestanti è passato nello schieramento dei ribelli. Il soldato autoconsegnatosi ha detto di non aver fatto come altri che si sono schierati con i rivoltosi nei primi giorni delle proteste: "Temevo per la mia vita, perché chiunque si fosse rifiutato di combattere contro i manifestanti sarebbe stato ucciso o bruciato, l'ufficiale che ci comandava ci ha minacciati", ha raccontato. I suoi superiori gli hanno chiesto di sparare sulla folla ma lui ha fatto in modo di non colpire nessuno: "Ho sparato in aria e a terra - ha detto - avevo paura. Ma uno dei manifestanti è caduto a terra. E' stato un incidente, non volevo sparare ad un libico. Ancora ricordo il suo volto, era molto giovane". Preso dal rimorso ("la mia vita era terribile, non riuscivo più né a mangiare né a dormire", dice) si è consegnato al quartier generale dei rivoltosi nell'ex tribunale di Bengasi. Ora l'ex militare è uno dei 40 detenuti rinchiusi nelle celle dei ribelli: tredici di loro sono soldati che non si sono schierati subito con l'opposizione. Ma si dice comunque "felice", perché il giovane manifestante che ha colpito è rimasto ferito, ma solo lievemente.

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