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"No a centrali in Italia". Si specula pure sul dramma

Mattioli (Sel) fa sentire la voce dei referendari anti-nucleare: "Disastro di Fukushima ci sia da esempio"

Giulio Bucchi
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Un disastro naturale val bene una speculazione, soprattutto in vista di referendum. Gianni Mattioli, del Comitato 'Vota sì per fermare il nucleare' approfitta con scarso tempismo dell'incidente alla centrale nucleare di Fukushima, esplosa a causa del terribile sisma di venerdì in Giappone, per rilanciare il no all'eventuale costruzione di impianti atomici in Italia. Perché mai, chiede Mattioli, il nostro Paese "che ha un rischio sismico tale per cui i siti che potrebbero ospitare centrali nucleari, stando alle regole in discussione in sede Euratom, sono pochissimi", dovrebbe mettere mano a un programma di costruzione di impianti? Mattioli, già sottosegretario ai Lavori pubblici nel primo governo Prodi (1996-98) e responsabile delle politiche ecologiche per Sinistra Ecologia e Libertà, non si sofferma, per esempio, sul crollo della diga di Fukushima (secondo il sillogismo, si dovrebbe cessare di costruire dighe anche in Italia) e sulla magnitudo del sisma giapponese, 8,9°, mai verificatasi in un territorio pure a rischio sismico qual è il nostro. Meglio attaccare chi vede nel nucleare una possibile risposta alla crisi energetica dei prossimi anni, invocando "una profonda ribellione per l'incompetenza e l'ignoranza di chi porta avanti questa scelta, contro la quale stiamo organizzando una grande battaglia di democrazia e cultura scientifica". Mattioli ricorda come nei dintorni degli impianti nucleari c'è più del raddoppio delle leucemie infantili, quindi conclude: "Perché dovremmo far partire un programma che tra 20 anni darà un contributo solo del 5% ai nostri consumi?". Ma forse è un dibattito troppo delicato per metterlo sulla graticola di una tragedia ancora in corso.

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