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La guerra in Libia, un boomerang per Francia e Usa

Il vuoto dietro Sarkozy e Obama. Italia e Inghilterra gelide, la Norvegia se ne va. E Morales (Bolivia): "Ritiriamo il Nobel per la pace a Barack"

Giulio Bucchi
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L'effetto boomerang della guerra in Libia è pronto a colpire e azzoppare i due leader dei volenterosi, Nicolas Sarkozy e Barack Obama. Francia e Usa sono stati i Paesi che con più forza hanno spinto per la risoluzione Onu contro Gheddafi, l'applicazione 'elastica' della no-fly zone e i bombardamenti su Tripoli. Eppure, una volta rimasti col pallino in mano, la loro coalizione si sta sciogliendo ora dopo ora. E giù critiche. Innanzitutto, sul ruolo dell'Onu, secondo molti inadeguato. Italia e Inghilterra invocano il cambio di coordinamento, dalle Nazioni Unite alla Nato: di fatto, una bocciatura per Sarkò e la Francia, attivissimi. ERRORI STRATEGICI -"La svolta dell'Onu è un successo storico della diplomazia francese, destinato a modificare le relazioni internazionali del futuro, anche al di là di quello che succede in Libia", ha esultato l'ex ministro degli Esteri di Parigi Hubert Vedrine, intervistato da Repubblica. Ma gli esperti militari puntano il dito contro la cattiva gestione strategica della missione. "Gli alleati hanno cominciato alla rovescia. In operazioni del genere, prima si attacca l'antiaerea nemica, poi si attaccano i carri armati. Ma la nostra coalizione ha fatto il contrario - afferma al Corriere della Sera il generale a riposo Anthony Zinni, ex capo del Centocom, il Comando del Medio Oriente -. Più passano i giorni più sembra che i membri della coalizione vadano ciascuno per conto proprio in campo politico, più che in campo militare". Un rischio, quello di "non stroncare la guerra civile in Libia e di alienarci il mondo arabo", che ricadrebbe in gran parte sull'Eliseo. E anche il presidente della Commissione Difesa al Senato italiano, Giampiero Cantoni, sempre dal Corsera invoca "Un momento di riflessione e di maggiore coordinamento". "Dobbiamo tutelare i nostri interessi - incalza Cantoni -. Abbiamo importanti investimenti in Libia, in particolare nel campo energetico, che vedono l'Eni attore fondamentale. L'atteggiamento della Francia non è accettabile, c'è il pericolo che Francia e Inghilterra vogliano andare oltre il mandato dell'Onu. Forse anche con la finalità di relegare il nostro Paese in secondo piano". IMMAGINE OFFUSCATA -  Sta di fatto che dopo gli entusiasmi iniziali, l'Inghilterra si stia progressivamente smarcando mentre la Norvegia abbia già ritirato il suo appoggio concreto dai raid. Per non parlare della Germania, scettica fin da subito. E ora Sarkozy si trova sì al comando, ma dietro di lui c'è il vuoto. Accanto al francese, per ora, rimane solo Obama. Obbligato dal ruolo un po' usurato di superpotenza, il presidente degli Stati Uniti rischia però un clamoroso autogol d'immagine. E c'è addirittura chi, come il presidente della Bolivia Evo Morales, chiede ufficialmente di revocargli il Nobel per la Pace conferitogli nel 2009. Con l'intervento in Libia, accusa il socialista delle Ande, Obama "promuove la violenza": "Come è possibile che un premio Nobel per la Pace possa avviare un'invasione, un bombardamento?". Secondo il presidente boliviano, che ha rapporti diplomatici stabili con Tripoli dal 2008, l'intervento degli Stati Uniti o della Nato in Libia non cercherebbe di difendere delle vite ma "di appropriarsi delle risorse naturali di questo Paese", ricco di petrolio.

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