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"Silvio forever", da insulto a cinespot: celebra il Cav

Il nuovo film contro Berlusconi: nella foga di attaccarlo, Stella e Rizzo finiscono per esaltarlo / BORGONOVO

domenico d'alessandro
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Sorge il dubbio che i furbi Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo abbiano voluto celebrare Berlusconi fingendosi antiberlusconiani. Se questo era il loro obiettivo, l'hanno centrato perfettamente. Silvio Forever, il film di Roberto Faenza e Filippo Macelloni del quale gli autori di La Casta sono sceneggiatori, è il migliore degli spot possibili per il Cavaliere. Uscirà nelle sale venerdì in cento copie, prodotto da Lucky Red, la stessa che pare abbia venduto i propri titoli in dvd alla berlusconiana Medusa. E se non fosse perché la Rai si è rifiutata di mandare in onda la versione del trailer in cui compariva Mamma Rosa - nel timore di offendere la memoria della signora Bossi Berlusconi - su questa pellicola non ci sarebbe nemmeno da polemizzare. Anzi, sarebbe auspicabile che la proiettassero in qualche scuola (magari a studenti grandicelli) perché possano rendersi conto di quanto il Cavaliere annichilisce i propri oppositori. Dice Stella che ha voluto «stare alla larga da un aprioristico progetto ostile, nemico: non volevamo massaggiare le convenzioni di nessuno, ma fare un ritratto ironico, puntando sull'intelligenza degli spettatori». Gli fa eco Rizzo: «Volevamo raccontare innanzitutto una persona, che almeno dal '93 a oggi, è una delle più famose al mondo: la politica non è l'unico suo aspetto». Aggiunge Faenza: «Ognuno lo prenderà come lo vuol prendere, a destra come a sinistra». Insomma, secondo loro sarebbe un prodotto «né pro né contro Berlusconi».  Sono false entrambe le cose. In ciò che abbiamo visto ieri durante l'anteprima per la stampa, le ragioni degli oppositori del Biscione sono preponderanti. Per esempio, si cerca in tutti i modi di dimostrare che Silvio racconta balle. Il gioco  a volte è facile, altre volte meno. C'è la celebre intervista in cui Mamma Rosa dichiara che non vedremo mai il suo bambino fotografato assieme a donne e la cosa si commenta da sola. Ma ci sono anche mezze verità sui rifiuti scomparsi dalle strade di Napoli o frasi del tipo “se Prodi mi batte non mi ricandido” (e si è visto di quanto l'avesse battuto Prodi...). Ampio spazio è dedicato al rapporto con Umberto Bossi: tante immagini d'antan sul Senatur che dà di mafioso all'uomo di Arcore, poi le scenette gioise da amici ritrovati. Come a dire: ma chi vogliono prendere in giro questi due? Gianfranco Fini, invece, è praticamente assente. Si vede in qualche immagine, sempre risalente all'epoca in cui era il “fascista del duemila”, tanto per dimostrare che l'attuale capo del governo ha sdoganato i nostalgici del Puzzone.  Abbondano le sparate cavalieresche («Sono il più grande presidente del Consiglio degli ultimi 150 anni»). Neri Marcorè, imitando in modo insopportabile la voce di Berlusconi, legge fino allo sfinimento dichiarazioni da cui si evince che la modestia non è la principale virtù del premier. Poi via di bunga bunga: quando non si sa più cosa inventare e la trama declina verso lo stantio, ecco che spuntano le donnine. Si sentono i colloqui telefonici con Patrizia D'Addario, oltre che i famosi nastri rubati dalla escort infilatasi nel lettone di Putin munita di registratore. Segue una bella rassegna stampa estera (con tanto di video da Taiwan in cui Silvio parla al telefono con un mafioso  mentre stuoli di ragazze lo blandiscono), quindi le cantate con Apicella, i ricordi degli amici di scuola. Fino al gran finale: la creazione del PdL, le manifestazioni di odio, la statuetta del Duomo a sfondargli la faccia. Un crescendo che culmina con spezzoni di film d'epoca sull'uccisione di Cesare, a indicare che prima o poi qualcuno - politicamente o in altro modo - farà piazza pulita del Cavaliere. Ma, dicevamo, non è vero che questo film appare «né pro né contro Berlusconi». Tutto impegnato a fare l'opposizione, finisce per essere un'agiografia berlusconiana. I sostenitori di Forza Italia prima e del PdL poi vengono sempre dipinti come rozzi, ignoranti, urlatori, esagitati. Ma la figura che i nemici del Cavaliere rimediano è ben peggiore. Roberto Benigni stravolto che bercia da un palco nel 1995 la sua famosa canzoncina anti-Cav. Dario Fo che sputazza in teatro, Andrea Camilleri con la boccuccia rattrappita dallo sdegno. Si salva Marco Travaglio, della starnazzante armata risulta  il più ridanciano ed è tutto dire. Visti loro, ogni volta che appare sullo schermo Silvio si esulta. Ne esce simpatico, fa ridere. Umanamente, in quanto a energia, entusiasmo, carattere, fa a pezzi chiunque. Possono prenderlo per i fondelli, intanto lui risorge sempre. Riguardate una dopo l'altra, anche le sue gaffe peggiori acquistano un certo candore, del tutto alieno agli avversari progressisti. Come ha detto lo stesso Faenza a Malcom Pagani dell'Espresso, Berlusconi giganteggia, è «la sintesi fra Sordi, Gassman e Tognazzi».  Grazie alla sua presenza, Silvio Forever è appena sopportabile, altrimenti sarebbe noia pura. Soprattutto, non svela niente di inedito: dalle ore di intervista registrate da Paolo Guzzanti e cedute non si sa perché (o forse sì) agli autori, emerge poco o nulla. Forza Italia, il vecchio documentario di Faenza sulla Dc, costruito con lo stesso metodo in stile Blob, era molto più urticante. Il fatto è che di Berlusconi si conosce tutto. Non c'è nulla che non sia pubblico e sul terreno della comunicazione non lo si batte.  Se questa pellicola attirerà spettatori, sarà solo merito suo. Comunque vada, lo spottone è garantito. E se l'opposizione pensa di appigliarsi a vita a questo genere di trovate, il titolo del film da slogan diverrà realtà: Silvio Forever, per sempre. Conosciuti gli altri, magari. di Francesco Borgonovo

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