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Ruby, Camera vota il 5 aprile. La Bindi: "Dittatura"

Pareggio in ufficio di presidenza: la palla a Montecitorio. Apertura di Fini su decisione per conflitto attribuzione

domenico d'alessandro
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Il giorno dopo la diffusione delle liste dei testimoni, Gianfranco Fini interviene sul caso Ruby. La sua è a tutti gli effetti un'apertura a Berlusconi. Il leader di Futuro e Libertà dismette i panni del leader di partito di opposizione e parla da presidente della Camera. Gianfranco ha sostenuto che il diritto di  "decidere sul conflitto di attribuzione" spetta a Montecitorio. La votazione si terrà  il prossimo martedì 5 aprile, alle ore 15, e la seduta verrà trasmessa in diretta sulla Rai, come richiesto dei parlamentari Pd. La decisione di Fini di far decidere la Camera è piaciuta al leader Udc Pier Ferdinando Casini, non altrettanto a Rosy Bindi, che ha parlato di "dittatura della maggiornaza". Successivamente, il risultato della votazione in Ufficio è stato un pareggio: nove favorevoli e nove contrari. Decisiva l'assenza di Salvatore Lombardo dell'MpA. Ora, sul conflitto di attribuzione per il caso Ruby la palla passa all'Aula, proprio come auspicato da Fini.   CASINI: "FINI HA SENSO DELLO STATO" - Un plauso a Fini e una bordata contro il Pdl: è riassumibile così il commento del leader dell'Udc Pierferdinando Casini. "Oggi voi fate questa forzatura - dice alla maggioranza, riferendosi alle polemiche sul processo breve - nel giorno in cui il presidente della Camera ha annunciato all'Ufficio di presidenza, nel quale le opposizioni probabilmente sarebbero maggioranza, che il conflitto di attribuzioni sarà portato in Aula perchè il presidente della Camera ha dimostrato quel senso dello Stato e delle istituzioni che voi avete rifiutato". BINDI: "DITTATURA DELLA MAGGIORNAZA" - A stigmatizzare la decisione del presidente della Camera e ad alzare i toni dello scontro, ci ha pensato nel pomeriggio la presidente del Pd, Rosy Bindi. "E' evidente che noi apprezziamo la cautela di Fini - ha dichiarato - ma avrebbe potuto esprimersi con un voto ed evitare il passaggio per la Camaera". Secondo la Bindi "il conflitto non ha fondamento. Il fatto che venga sollevato in forza di un voto di maggioranza, dimostra che si stanno calpestando le regole per garantire l'impunità al premier". E ciò unito a quello che sta accadendo sul processo breve fa si "che non ci sia nessuna difficoltà a dire che siamo un una dittatura della maggioranza". "UNICUM" - Fini in mattinata, dopo aver illustrato le conclusioni a cui sono pervenute la Giunta per le autorizzazioni e la Giunta per il regolamento e aver richiamato alcuni precedenti rispetto ai quali il caso Ruby si presenta come un unicum, ha affermato: "Quali che siano le conclusioni cui perverrà l'Ufficio di Presidenza, l'assemblea deve essere comunque chiamata a pronunciarsi secondo le modalità procedurali che la prassi ha consolidato a riguardo". Gianfranco, nella sua relazione, ha sottolineato come la composizione dell'Ufficio di presidenza veda la prevalenza numerica delle oppsizioni rispetto alla maggioranza. E' in questa fattispecie che si concretizza l'elemento di "assoluta novità" che porta il presidente della Camera ad assumere toni più concilianti. Fini ha citato tre precedenti in materia, dove la situazione non si era mai verificata, e nei quali non era stata avanzata la richiesta di sottoporre la questione all'Aula. COMPOSIZIONE UFFICIO - L'ufficio è composto, infatti, da 10 membri dell'opposizione e da 9 della maggioranza (escluso Fini): due deputati, infatti, uno di Fli e l'altro dell'Mpa, sono entrati nell'ufficio come appartenenti alla maggioranza e ora fanno parte dell'opposizione. Il voto sulla richiesta avanzata dai capigruppo della maggioranza, perciò, sarebbe falsato. Di conseguenza Fini, pur sottolineando che dal punto di vista regolamentare sarebbe tutto secondo norma, preferisce rimettere la questione all'aula a prescindere dal voto dell'ufficio di presidenza, che tornerà a riunirsi alle 13:30 (il voto è atteso per le 14). DOMANDA DI AUTORIZZAZIONE - "La richiesta avanzata si collega oggettivamente alla deliberazione dell'Assemblea del 3 febbraio scorso sulla domanda di autorizzazione all'esecuzione di un perquisizione domiciliare, rispetto alla quale è prospettata come strumento per assicurare, in sede di contenzioso costituzionale, una tutela effettiva alla volontà precedentemente manifestata dall'Assemblea - ha detto il presidente della Camera - Nei precedenti casi non si riscontrava invece il collegamento con una deliberazione assunta dall'Assemblea sulla stessa materia".

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