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Libia, Rasmussen: "Chiediamo scusa per vittime civili"

La Nato ammette i morti nei raid, non si scusa poi ci ripensa. Ribelli chiedono più bombardamenti. Coinvolta anche l'Italia?

Federica Lazzarini
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La Nato non si scusa, anzi sì. La figuraccia dell'alleanza per il bombardamento che ha causato vittime civili tra i ribelli in Libia comincia venerdì mattina, con la goffa conferenza stampa del vicecomandante dell'operazione Unified Protector, Russ Harding, che ammette i casi di fuoco amico rifiutandosi di chiedere scusa ai libici, e si conclude (forse) con la contrita dichiarazione del segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, che esrpime il suo "forte rammatico per la perdita di vite umane" a Brega nel raid aereo di giovedì. "La situazione su terreno è molto fluida - ha commentato il numero uno Nato -, nel passato abbiamo visto che carri armati sono stati usati dal regime di Gheddafi per attaccare i civili". Da qui l'atteggiamento prudente degli aerei militari della coalzione: "L'unica ragione per cui i nostri aerei colpiscono equipaggiamento militare è che potrebbero essere usati per attaccare i civili, ma posso assicurare che facciano il possibile per evitare vittime civili". HARDING: "NON CHIEDO SCUSA PER I MORTI CIVILI" - Le parole di Rasmussen seguono di poche ore la conferenza stampa di Napoli, in mattinata, con lo stato maggiore del comando Nato. Il vicecomandante Russ Harding ha ammesso che negli attacchi aerei dei giorni scorsi la coalizione ha colpito anche obiettivi amici, causando involontariamente la morte di ribelli e civili di cui è ancora possibile stabilire la cifra esatta. Harding ha aggiunto che i due fronti, quello lealista e quello degli insorti, sono molto vicini, dunque è difficile individuarli e distinguerli dall'alto per i piloti dei bombardieri. Ad un giornalista che chiedeva se la Nato non sentisse di dover domandare scusa per le morti fra i civili, Harding ha risposto: "Non voglio chiedere scusa per le morti di civili per due motivi: primo perché vedendoli dall'alto non possiamo identificare di che natura siano i mezzi e secondo perché vedendo quei veicoli che si spostavano avanti e indietro potevamo presupporre che fossero di forze leali al colonnello Gheddafi". BOMBARDIERI ITALIANI IN LIBIA - L'Italia intanto potrebbe essere chiamata a bombardare in Libia. Lo ha lasciato intendere il portavoce della Farnesina, Maurizio Massari, che ha riportato al Corriere della Sera la richiesta in tal senso del Consiglio Transitorio di Bengasi. Il Consiglio Transitorio dei ribelli a Bengasi ha convocato il nostro rappresentante in Cirenaica, Guido De Sancits, insieme con i colleghi britannico e francese. I tre si sono incontrari con Ali al-Isawi, responsabile dei rapporti con l'estero. "Ai tre è stato detto che le forze di Gheddafi si sono avvicinate e possono sfondare su Bengasi. Il Consiglio ci chiede di intervenire affinchè la Nato colpisca dal cielo", ha confermato il portavoce del ministero degli Esteri Massari, secondo quanto riferito dal Corriere. Il quotidiano afferma che anche il segretario della Nato Rasmussen ha sondato ieri sera il ministro degli Esteri, Franco Frattini, sull'argomento. Gli Usa hanno sempre sostenuto che la maggior parte degli oneri di guerra debba essere sostenuta dai paesi europei, ma l'Italia era stata finora dispensata dall'attività di bombardamento. Nel frattempo, la Germania, da sempre anti-interventista, si è detta foavorevole a modificare la sua posizione: potrebbe considerare l'invio di uomini ed armamenti in Libia, a patto che vengano impiegati per una "missione di pace". Chi invece ha deciso di sostenere la gurriglia è il Qatar: il comandante della forze armate degli insorti, Abdel Fattah Younis, ha dichiarato di aver ricevuto "armi anticarro" dall'emirato.

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