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Inter a caccia dell'impresa: rimontare 4 gol allo Schalke

Sembra folle, ma c'è tutto per l'impresa nerazzurra: nulla da perdere, l'orgoglio e il nome degli avversari

Andrea Tempestini
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Mette il dito nella piaga, Ralf Rangnick, il tecnico di uno Schalke 04 double face che nonostante il mezzo cappotto di San Siro non si sente già in semifinale di Champions: «Abbiamo vinto soltanto il primo tempo, anche al ritorno dovremo sfruttare la vulnerabilità in difesa di una squadra forte e ben costruita». Che sia saggia prudenza, diplomazia pro forma o pelosa ironia, Rangnick dal suo punto di vista fa bene a mettere le mani avanti, perché se il 2-5 del Meazza era alla vigilia fantascienza, e qualcosa di inaudito potrebbe pure verificarsi nella splendida Veltins Arena di Gelsenkirchen. BUONI MOTIVI Anche perché la Pazza Inter, per vincere con 4 gol di scarto e volare in semifinale, ha tutte le carte in regola, partendo dal presupposto che fare peggio dell'andata stavolta sarebbe delittuoso. E qualche testa rotolerebbe per davvero. Massimo Moratti sostiene che «il fascino di questa partita è proprio l'impossibilità». Eppure, i nerazzurri vengono dalla rimonta vincente in casa del Bayern trovata a un minuto dalla fine; sono i campioni in carica della Champions; portano alto l'orgoglio di aver vinto cinque trofei nell'ultimo anno (mai successo prima nella storia del club); non hanno più nulla da perdere. E poi, alzi gli occhi e vedi il tabellone luminoso con il nome degli avversari. Sì, quel nome lì, Schalke 04, quello su cui tanto si è ironizzato: in fondo in fondo, è proprio lo 0-4 che farebbe comodissimo a Leonardo. Che sia un presagio? LEO E LA PRESTAZIONE È vero, un'impresa del genere non è mai riuscita nelle Coppe europee, almeno non nei tempi regolamentari. L'Inter deve vincere con 4 gol di scarto oppure con 3 ma segnando 6 o più reti. L'unico caso simile risale ai playoff dell'E-League 2009/10: la Dinamo Bucarest di Bonetti perde in casa 3-0 a tavolino con lo Slovan Liberec, in Repubblica ceca riesce a raggiungere i supplementari vincendo poi ai rigori. Ma il passato interista illumina, ispira, contagia. Difficile non ricordare il 3-0 del 1965, a Milano, sul Liverpool: immagini in bianco e nero, emozioni in technicolor. È la semifinale di Coppa dei Campioni, ad Anfield l'Inter di Herrera ha perso 3-1, ma il Mago medita vendetta. Così, a San Siro, una foglia morta di Mario Corso, l'astuzia di Peirò e la staffilata di Giacinto Facchetti affossano i Reds 3-0. L'Inter va in finale, che poi vincerà col Benfica. Più recente, nella Coppa Uefa 1991 (poi vinta), Klinsmann, Berti e Bianchi ribaltano la sconfitta (2-0) al Villa Park di Birmingham con l'Aston Villa. E allora ecco che Leonardo vuol dire fiducia, entusiamo, voglia di impresa: «Non credo nei miracoli ma nei risultati sportivi. Sarà importante avere equilibrio anche se si cerca un risultato ampio». Un solo dubbio in formazione, ballottaggio Thiago Motta-Stankovic per un centrocampo stavolta in teoria più protetto. Perché le rimonte si fanno senza prendere gol, amara lezione imparata all'andata. Poi verranno le reti, magari da quel Milito decisivo l'anno passato e ora rabbiosamente rientrato alla ricerca della gioia smarrita. «Noi non crediamo solo nel passaggio del turno ma nell'idea di fare una grande prestazione. Giocatevela e divertitevi», suggerisce il brasiliano ai giocatori, che sono con lui: «In 90' minuti succede di tutto», dice capitan Zanetti.A non crederci sono i bookmakers, Betclick paga addirittura a 60 lo 0-4. Ma dopo quanto visto una settimana fa, forse non c'è più da scommettere su nulla. di Tommaso Lorenzini

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