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Il Papa è vivo, Moretti tutto il contrario Nanni il regista è proprio alla frutta

Esce nei cinema 'Habemus Papam': miracolo, non si parla di politica. Ma le pile sono scariche / CARBONE

Andrea Tempestini
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Oggi esce in tutta Italia (500 copie, vale a dire  un trattamento da probabile best seller) “Habemus papam” di Nanni Moretti. Dopo un'attesa messianica, carica di certezze inconsulte (l'acquisto a scatola chiusa da parte del festival di Cannes), di  ansie e di timori. Le ansie (da parte dei fan).  Nanni Moretti al suo undicesimo film (e al 33esimo anno di regie) è sempre un grande regista oppure come autore (come qualcuno paventa da parecchio) è ormai alla canna del gas? Timori (da parte di chi non ha affatto apprezzato il suo exploit elettoralistico del “Caimano”). Nanni ha fatto un altro dei suoi “girotondi” cinematografici? Risposta al secondo quesito. Niente politica in “Habemus papam”, niente riferimenti  all'attualità (le figure grottesche  dei cardinali sono lì a far colore, non c'è niente che possa essere rapportato all'era Ratzinger).  I gitotondi sembrano un capitolo chiuso. A  chiuderlo forse ha contribuito anche l'atteggiamento di certa sinistra che durante la campagna elettorale aveva mandato alle stelle “Il caimano” per poi sconfessarlo a cose fatte, cioè a elezioni vinte. Risposta all'altro quesito. Sì, Nanni è alla frutta. A 58 anni, cioè l'età maggiormente creativa per un director, Moretti vive già di vezzi, di richiami a film precedenti, di “amarcord” mascherati. Insomma, abbastanza  precocemente è un vecchietto. Per la verità avevamo questo sospetto già 15 anni fa, all'epoca di “Aprile” (ricordato solo per una frase: “D'Alema dì qualcosa  di sinistra!”). Poi ebbe la bella impennata  di “La stanza del figlio”. E lì, tanti e meritati, applausi. C'eravamo anche noi nel 2001 ad applaudire all'Anteo, il tempio milanese dei morettiani.  Bene, siamo tornati  ieri al tempio  per l'anteprima di “Habemus”. I fan c'erano, le ovazioni no. Un imbarazzato mortorio. Un morettiano della prima ora (da “Ecce bombo”) borbottava: “Ci devo pensare” (per “La stanza del figlio” non ripensava nessuno).  “Habemus papam” è, come non pochi sanno, la storia di un pontefice (Michel Piccoli) che appena eletto, ha il crollo nervoso, il carico lo uccide, non ce la fa nemmeno a uscire per benedire la folla di piazza San Pietro. I cardinali, presi dal panico, chiamano una psichiatra. Arriva Nanni Moretti. Che ovviamente non cava un ragno da un buco (e cosa potrebbe cavare  da una seduta fatta alla presenza di tutto il conclave?). Il neo Papa fugge. Gira per Roma  come un sonnambulo. Ma deambulando del più e del meno finisce per chiarirsi le idee. E quando torna  in Vaticano, annuncia  le dimissioni. Non è l'uomo adatto per calzare le “scarpe del pescatore” (cioè i panni di Pietro). Il popolo tace. Lo spettatore dell'Anteo, pure. E forse anche quello delle prossime domeniche. Il tema del fardello di Ratzinger è attuale e come.  Ma si vede  lontano un chilometro che a Moretti non interessava un tubo. Gli premeva ovviamente raccontare sé stesso,  sia pure  per interposta persona. La dichiarazione d'impotenza di sua santità  Michel Piccoli  suona  come attestato della propria  d'incapacità di essere ormai come regista  all'altezza della  leggenda. Certo, incapacità relativa.  Anche a pile quasi scariche non difettano al Nanni gli scatti di umorismo e di bravura (la partita di volley tra cardinali). Ma sono scattini. Il minimo che si possa pretendere  da un regista che a Cannes trattano ancora  da maestro . E su Raitre, sicurissimamente, pure. Appuntamento domenica a “Che tempo che fa”. In programma, un'agiografia firmata Fabio Fazio. di Giorgio Carbone

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