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"Terrorista non è". Fifone però sì... "Non vado in tv"

Pisapia scappa: niente confronto in televisione con il Pdl e la Moratti. "Il candidato ci fa una gran paura, prende i voti dei no global e poi vuole la moschea. Ma sapete chi votate?" / DE' MANZONI

Andrea Tempestini
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Niente più confronti televisivi tra Letizia Moratti e Giuliano Pisapia. Il candidato del Pd, dopo il dibattito su Sky Tg 24 dello scorso 11 maggio, si tira indietro: attraverso il suo portavoce ha annunciato che la sua campagna elettorale in vista del ballottaggio non prevede passaggi nei salotti televisivi. "Abbiamo deciso di non trasformare questi ultimi giorni di campagna elettorale in un talk show permanente, ma di continuare a dialogare con i cittadini milanesi": ha speigato così la ritirata il portavoce di Pisapia, Maurizio Baruggi. "In questi giorni - ha continuato - sono arrivate alcune richieste di confronti televisivi in relazione al ballottaggio di domenica e lunedì 29 e 30 maggio. La nostra decisione è quella di proseguire la campagna elettorale con serenità e impegno nei quartieri di Milano, fra i cittadini, ascoltando il loro punto di vista e cercando le migliori soluzioni per il governo di Milano". Segue il commento su Giuliano Pisapia del vicedirettore di Libero, Massimo de' Manzoni. Ma i milanesi lo sanno davvero chi e che cosa votano se votano per Giuliano Pisapia? È stato dipinto come un tranquillo borghese perfettamente in grado di reggere con il necessario equilibrio le sorti della metropoli. Addirittura si è detto che tra  Letizia Moratti e lo sfidante è lui  il vero moderato. Ma non è così. Le buone maniere, la pacatezza nell'eloquio, il garantismo (tutte doti che gli vanno riconosciute) non fanno dell'avvocato meneghino un moderato perché non sono moderati il suo profilo e le sue idee, non è moderato il suo programma e non sono moderate ampie frange della coalizione che lo sostiene. L'attacco che gli ha rivolto la Moratti in chiusura della prima parte della campagna elettorale è stato maldestro nei tempi e nei modi e conteneva una grave inesattezza. Ma muoveva da un dato di fatto che l'errore commesso ha finito per cancellare agli occhi dell'opinione pubblica: il passato di Pisapia è quello di un estremista di sinistra. Ed è vero che è stato assolto - grazie a un certificato medico firmato dallo zio, il padre di Vittorio Agnoletto (G8, ricordate?) - nel famoso processo per il furto del furgone utilizzato dai terroristi di Prima linea per «dare una lezione a un nemico del popolo». Ma è altrettanto vero che lo stesso processo ha stabilito che la riunione in cui si decise la suddetta spedizione punitiva avvenne proprio a casa sua: Pisapia non era fisicamente presente, ma aveva dato le chiavi di casa. «L'atteggiamento processuale degli imputati (Pisapia e suo cugino Massimo Trolli, ndr) può spiegarsi solo con la loro consapevolezza che ogni ammissione di un proprio contributo al progetto di sequestrare Sisti sarebbe equivalsa ad ammettere la propria partecipazione a Prima linea», affermava nella sua requisitoria Armando Spataro, il pm che lo incriminò e che ora telefona in tv per difenderlo. Questo per quanto riguarda il passato. E oggi? Oggi il cucciolo attempato della borghesia radical chic, terminata la sua militanza politica in Rifondazione comunista e confluito nelle vendoliane fila di Sel (Sinistra ecologia e libertà), si propone come sindaco della capitale economica del Paese. Con quali progetti e quali compagni di viaggio è presto detto. Come ha già raccontato qualche giorno fa Maurizio Belpietro, il programma di Pisapia più che ai milanesi guarda agli immigrati, che in caso di sua vittoria sarebbero coccolati in tutti i modi. Compresi i clandestini,  «figure che tutti sanno esistere ma la cui esistenza non è riconosciuta dal nostro diritto, dalle nostre leggi, dalla stessa attività di polizia» e che vanno tutelati in quanto «sfruttati dalle organizzazioni criminali e da spregiudicati imprenditori». Agli immigrati va garantito al più presto il diritto di voto e l'accesso ai concorsi pubblici. Come corollario, si progetta la costruzione di una grande moschea affiancata da un grande centro di cultura islamica e si assicura che cesseranno all'istante gli sgomberi dei campi rom. Ma Pisapia pensa anche ai gay, per i quali verrà istituito il registro delle coppie di fatto. E ai rifiuti, che grazie a lui potranno godere degli stessi diritti della monnezza napoletana: cioè circolare liberamente per le strade. L'apocalittica previsione non è di chi scrive, ma dell'ex presidente della Provincia di Milano, Filippo Penati, esponente di spicco del Pd, partito che sostiene Pisapia. E si basa sul rifiuto, messo nero su bianco dal candidato della sinistra, di costruire un nuovo inceneritore. Quanto ai milanesi, l'aspirante sindaco per loro progetta di aumentare le tasse (attraverso la revisione del catasto immobiliare), di allargare l'area e la spesa per l'Ecopass (fino a dieci euro per ogni vettura), di rincarare i biglietti dei mezzi pubblici onde renderli più frequenti e gratuiti per gli anziani. La sicurezza diminuirà, anche perché ai vigili di quartiere sarà vietato occuparsene: potranno solo dare multe. Ma i cittadini non se ne accorgeranno perché il sindaco «moderato» assicura che farà in modo di «sconfiggere il sentimento di paura». Facile, no? Questo titanico progetto ha naturalmente bisogno delle persone giuste per essere portato a termine. Ma niente paura: Pisapia le ha. Al suo fianco infatti corrono i leader storici dei centri sociali (che in cambio vogliono soltanto liberalizzare le droghe leggere) e Daniele Farina, uno dei fondatori del Leoncavallo, personcina moderata che ha appena alcune condanne per fabbricazione e detenzione di bottiglie molotov, resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali gravi: perfetto per fare l'assessore e difatti è in corsa. Se la dovrà vedere con Vladimiro Merlin, che nelle sue mosse politiche si ispira alla Repubblica popolare cinese, e con Basilio Rizzo, ex Avanguardia operaia. Chi la spunterà (ma magari, perché no, tutti e tre) in giunta potrebbe sedere al fianco dell'architetto Stefano Boeri, che ha partecipato alla progettazione dell'Expo, ma anche ad alcuni esponenti dei comitati no-Expo: il sindaco «moderato» modererà. Più difficile appare l'operazione con un altro dei grandi elettori dell'avvocato rosso Pisapia: il libico Abdel Hamid Shaari, mente della moschea di viale Jenner, che per la sua vicinanza ai fondamentalisti islamici da anni non può più mettere piede in Egitto, ma in compenso può dare ai suoi accoliti indicazioni di voto a favore dell'«amico» Pisapia, con il quale anche ieri sera condivideva il palco al teatro Smeraldo, dove si preparava la campagna per il ballottaggio. Questo è quel che attende Milano se la Moratti dovesse essere sconfitta al ballottaggio. È giusto che lo sappiano quei leghisti arrabbiati con la sindaca che al primo turno hanno scelto il voto di protesta, quei berlusconiani che sono rimasti a casa per punire il governo, quei veri moderati meneghini irritati da buche ed Ecopass che si sono lasciati tentare dall'aspetto mite del candidato di Vendola. Cinque anni a piangere sul latte versato sono lunghi da passare. di Massimo de' Manzoni

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