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La sinistra canta vittoria in anticipo: preparano già la vendetta sul premier

Gli 'odiatori di professione' Guzzanti&Co. pensano al dopo Cav: pronta la lista di chi eliminare / BORGONOVO

Giulio Bucchi
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L'obiettivo è quello di vincere la guerra e non fare prigionieri. Nell'aria elettorale, restando un attimo in silenzio, si può avvertire uno stridore di lame: è il malaugurante rumore dei coltelli che si affilano, per essere pronti all'uso qualora i candidati di sinistra trionfassero ai ballottaggi. Le sgangherate armate progressistecantano già vittoria e stanno  compilando le liste di proscrizione, fitte di avversari politici da annichilire una volta conquistato il potere.  Primo esempio piccolo ma importante. Alla Biennale di Venezia che inaugura fra pochi giorni l'artista Luigi Serafini presenta un personale tributo alla lotta contro il Cavaliere, un ex voto in cui si augura la «fine del principato berlusconiano» (lo vedete riprodotto in questa pagina). Particolare irrilevante, se non fosse che la kermesse in Laguna è la seconda organizzata dal governo di centrodestra e da settimane è al centro di un atroce linciaggio preventivo. Il curatore del Padiglione Italia, Vittorio Sgarbi, viene svillaneggiato sui giornali e in televisione, anche se ha concesso enorme spazio a chi la pensava in modo opposto al suo. Suo malgrado, è divenuto un simbolo del berlusconismo decadente da colpire e, ove possibile, eliminare onde riportare nel mondo della cultura l'ordine naturale delle cose, cioè il dominio incontrastato dei progressisti. Regime che andrebbe imposto un po' ovunque, dal piccolo schermo agli scranni del Parlamento. Il quadro generale, tuttavia, è ancora peggiore di quello di Serafini. Basta seguire qualche programma televisivo per rendersene conto. Michele Santoro, nell'ultima puntata di Annozero, sfoderava uno sguardo luccicante di ferocia, proprio della fiera che si appresta ad azzannare la preda. Ha berciato contro i vertici della Rai,  si è rivolto  a Silvio  per ribadirgli che Viale Mazzini è casa sua e presto i suoi amichetti rossicci la riprenderanno, liberandosi dei vari Ferrara e Minzolini. Tutto ciò perché Luigi De Magistris a Napoli e Giuliano Pisapia a Milano hanno ottenuto sondaggi favorevoli (il titolo della puntata era un “E se domani...” carico di sottintesi). Non a caso in Rai si attendono ancora le nomine per  le poltrone più rilevanti, si prende tempo, uno stuolo di politicanti di second'ordine attende sgomitando, sgusciando, riposizionandosi ogni minuto a seconda del vento, chissà mai che l'aria  cambi e si debba trovare un nuovo padrone.     L'equazione è la seguente: se la sinistra conquista Milano - tempio del berlusconismo - significa che il Biscione  ha le ore contate e finalmente i compagni potranno impossessarsi nuovamente dell'intero Paese. Le grandi menti del progressismo credono ciecamente in questa verità  e anche i più titubanti escono allo scoperto disposti alla pugna.  La comica (tanto da risultare grottesca) Sabina Guzzanti ieri scriveva su Twitter: «Moratti: “Se vinco faccio, dico...” You are not gonna win baby or bitch, wathever». La sbrodolata in inglese maccheronico significa: «Non vincerai ragazza, o puttana, che dir si voglia». Sabina - che dai tempi in cui derideva la Fallaci ammalata di tumore è abituata a fare ironia sugli infermi - crede di poter già vilipendere il cadavere (si spera politico) della Moratti. Nel reparto neuropsichiatrico, a dividere la camicia di forza con la Guzzanti, troviamo Paolo Flores d'Arcais, il quale sulla prima pagina del Fatto ieri aizzava le folle, invitando i  lettori a favorire la fine «di un regime dove l'incontinenza incivile e golpista è ormai priva persino del pannolone dell'ipocrisia».  Che diavolo potrebbe mai augurare agli sconfitti uno secondo cui Napoli, affidata al centrodestra, sprofonderebbe «nel fango della camorra» e Milano senza il sindaco rifondarolo sarebbe preda di  «palazzinari piraña» che convivono con la 'ndrangheta? Ovviamente l'unica soluzione è una disinfestazione totale: Pisapia che tutti i berlusconiani si porta via. Non si tratta di spoil system, cioè di piazzare i propri uomini dove conta, cosa che rimane negli argini della democrazia. Qui si intende disinfettare, purgare e spargere il sale affinché la malapianta berlusconiana non ricresca. Il dramma è che l'odore di sangue stimola pure chi solitamente è (appena un po') più ragionevole. Gad Lerner scriveva ieri sul suo blog: «Durante la festa bagnata per Giuliano Pisapia sindaco di Milano, un arcobaleno bellissimo ha abbracciato il Duomo». Il tempo della pioggia sta per finire, preparate gli ombrelli  da infilare ai destrorsi... sì, proprio là dove non batte il sole, come nelle vignette di Altan. Persino i finiani (quattro gatti di Vicolo Miracolati) invitavano su Il Futurista - settimanale clandestino diretto da Filippo Rossi - a votare Pisapia per «orgoglio nazionale» e sostenevano, nel totale disprezzo della loro storia, la creazione di  un «comitato di liberazione nazionale» anti Silvio. Del resto, la scuola  intollerante  è  quella di Eugenio Scalfari, il quale  - intervistato dal Fatto - si lamentava di non essere stato compreso dall'opinione pubblica quando, anni fa, litigò con un vigile. Voleva parcheggiare in un posto riservato, l'agente si oppose e lui rispose da smargiasso: «Io sono un parlamentare!».  Subito dopo Barbapapà, con un barbatrucco, infilò l'auto dove non si poteva. Nella medesima conversazione, Eugenio sostiene che quando Berlusconi cadrà,  solo  Repubblica sopravviverà in edicola. Motivo? Non parla solo di politica, ma anche di temi più leggeri   grazie all'inserto R2. Fortuna, caro Scalfari, che hai una R2; se avessi una R4 la posteggeresti subito in sosta vietata (e se te la rimuovessero non potresti certo dire che  l'ha rubata Pisapia). Vista la situazione e valutato il desiderio di vendetta serpeggiante a sinistra,  vien voglia di turarsi il naso e votare.  Per non esser costretti, in futuro, a guardarsi le spalle e turarsi il didietro. di Francesco Borgonovo

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