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Napolitano, Prodi e pure la Corte Costituzionale: tutti insieme per tirare la volata alla consultazione

Il Capo dello Stato e l'ex premier: "Un dovere andare alle urne". E chi si astiene è delegittimato

Andrea Tempestini
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Giorgio Napolitano, innanzitutto. Ma anche Romano Prodi e Alfonso Quaranta, il neopresidente della Corte costituzionale. A pochi giorni dal voto, tre pezzi da novanta scendono in campo per tirare la volata ai referendum. Il presidente della Repubblica dice la sua a margine di un convegno a Montecitorio. «Sono un elettore che fa sempre il proprio dovere», risponde Napolitano a chi gli domanda se domenica andrà a votare. Stavolta non c'è bisogno di interpretazioni: il capo dello Stato il 12 giugno, preferibilmente di mattina, si recherà al seggio. Un gesto inevitabilmente destinato a incidere nella partita per il raggiungimento del quorum, match che secondo i sondaggisti si deciderà proprio domenica, quando i seggi saranno aperti per l'intera giornata. Più o meno in contemporanea con la sortita di Napolitano, da Bologna arriva la spinta di Prodi. «Andare a votare è un dovere. Un diritto e un dovere democratico», scandisce l'ex premier a margine delle celebrazioni per l'anninversario della fondazione  dei Carabinieri. Affermazione rilanciata con enfasi dal proprio sito. L'assist più significativo ai referendari, tuttavia, lo fornisce il neopresidente della Consulta, Quaranta (il suo mandato scadrà il 27 gennaio 2013). Ieri alla Corte era giorno di votazioni. In programma, l'elezione del successore del giudice Ugo Se Siervo, decaduto per sopraggiunti limiti di età, alla presidenza. E alla fine a spuntarla è stato Quaranta, che ha raccolto dieci voti su quattordici. Tre sono state le schede bianche, mentre Maria Rita Saulle era assente giustificata. Quaranta, un moderato ex capo di gabinetto del ministro democristiano Remo Gaspari, nei giorni precedenti il voto è stato oggetto di critiche dai quotidiani più vicino all'opposizione (Il Fatto e La Repubblica su tutti). Motivo: la presunta vicinanza del giudice costituzionale al centrodestra. «Ora vogliono prendersi anche la Corte costituzionale», ha titolato il quotidiano diretto da Antonio Padellaro lo scorso 2 giugno. «Quaranta è considerato vicino al Popolo della libertà», ha sentenziato il giornale di Ezio Mauro tre giorni fa. Sarà anche per il desiderio di smentire queste ricostruzioni, quindi, se Quaranta, appena eletto, si produce nella più irrituale delle esternazioni: il pronostico sull'ammissibilità del quesito sul nucleare, contro la quale il governo, attraverso l'Avvocatura generale dello Stato, ha presentato ricorso alla Consulta. Ricorso che sarà vagliato oggi. «Personalmente ritengo che la Corte non possa fermare il referendum», anticipa Quaranta appena fresco di nomina. Parole che lo stesso giudice prova, senza successo, a ridimensionare a stretto giro di posta: «La questione sarà comunque esaminata domani mattina (oggi, ndr) dalla Corte, che valuterà tutti gli aspetti della questione e lo farà dopo aver esaminato le parti». L'uscita di Quaranta fa scattare l'allarme a Palazzo Chigi, che alla Consulta conta di bloccare il referendum sull'atomo, ritenuto superato dopo l'approvazione del decreto Omnibus che ha bloccato la costruzione delle centrali. Il diretto interessato, del resto, assicura che non farà sconti: «Ritengo inopportune le interferenze esterne sulla Corte. Questa mia elezione fa giustizia di ogni illazione sulla presunta politicizzazione della Corte che spero cessi, perché ritengo che ogni dubbio superato». di Tommaso Montesano

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