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Il pallone marcio e la giustizia italiana (creativa): diciamo no al sensazionalismo dei pm / De' Manzoni

In Italia siamo ormai abituati ai tribunali creativi. Grande esempio da Cremona: lo "stupore" crea un terremoto

Andrea Tempestini
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Alla giustizia creativa in Italia siamo ormai abituati: abbiamo avuto magistrati che comunicavano al mondo le loro visioni, figuriamoci se ci scandalizziamo davanti a un pm che parla con la stampa delle sue sensazioni riguardo a un'inchiesta. E infatti i giornali si sono limitati a registrare le parole del dottor Roberto Di Martino: dalle cronache ieri emergeva un leggero stupore, ma nulla più. Tuttavia questa assuefazione non deve indurre a credere che questa sia una prassi normale, perché non è così. Quando il procuratore di Cremona che indaga sull'ultimo scandalo che investe il calcio dichiara papale papale che «non ci sono prove, ma si ha la sensazione che ci siano partite truccate anche in serie A, solo che in questo caso le combine non sarebbero tra i calciatori ma tra le stesse società», sta facendo un grande regalo ai cronisti e ai titolisti dei quotidiani, ma non sta rendendo un buon servizio alla giustizia che è chiamato ad amministrare. È vero, non fa nomi. Ma la serie A non è un'entità metafisica: è una realtà fatta da migliaia di persone (calciatori, dirigenti, allenatori) che vi traggono il loro reddito, da migliaia di persone (azionisti, soci, sponsor) che vi investono i loro soldi, da milioni di persone (tifosi, spettatori) che pagano biglietti o abbonamenti e, soprattutto, mettono in gioco le loro emozioni. Tutti costoro ricevono un danno da un sospetto tanto generico. Tutte le squadre finiscono potenzialmente sul banco degli accusati. Anche gli innocenti diventano presunti innocenti: quindi presunti colpevoli. Non proprio lo scopo che dovrebbe prefiggersi la giustizia. «Siamo sempre l'Italia di piazzale Loreto», sintetizza il portiere della Juve Gianluigi Buffon. Vogliamo dire che esagera? Diciamolo pure. Ma certo coglie il problema. Sia chiaro: non si vuole minimizzare la portata dello scandalo che sta investendo il calcio. Figuriamoci: proprio Libero ha rivelato già un anno fa, in prima pagina, che di alcune partite era noto il risultato finale una settimana prima che si giocassero. Semmai fa specie, quindi, che ci si muova soltanto adesso. E sempre questo giornale ha chiesto che si vada fino in fondo con le inchieste, a costo di fermare i campionati in attesa di fare completa chiarezza. Ma da qui a gettare ombre su tutto e su tutti ce ne corre.  Noi vorremmo semplicemente che chi indaga resistesse alle luci della ribalta che la ghiotta indagine offre, tenesse per sé le sensazioni, le trasformasse in ipotesi di reato, facesse gli accertamenti conseguenti e poi (poi!) comunicasse l'esito e fornisse le prove. Chiediamo troppo? Evidentemente sì: ieri sera Di Martino è andato in tv e ha concesso il bis... di Massimo De' Manzoni

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