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Unità, addio della De Gregorio: insulta tutti e poi se ne va

Un comunicato ha ufficializzato la notizia, nell'aria già da qualche giorno. Sfuma così il progetto mediatico di Walter Veltroni

Andrea Tempestini
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Concita De Gregorio lascia l'Unità. Un comunicato diffuso ieri sera ha ufficializzato la notizia, che pure era nell'aria già da qualche giorno. Dal prossimo primo lugliol'ex cronista di Repubblica smetterà di firmare il quotidiano fondato da Antonio Gramsci. Come di pramnmatica, l'ufficialità del comunicato consegna un quadro rose e fiori: «Decisione condivisa, assunta in autonomia e nel pieno rispetto reciproco riconoscendo l'importante lavoro svolto e i risultati raggiunti». Il tutto senza dimenticare le «difficoltà economiche» ed «i continui attacchi» patiti dalla direttora nei tre anni di permanenza alla guida del quotidiano già organo del Pci. A risultare interessante, tuttavia, più che il merito della faccenda è la tempistica. Venerdì pomeriggio Dagospia, al solito informato, mette in rete la notizia secondo cui l'addio di Concita è cosa fatta. La tesi del sito di Roberto D'Agostino è la seguente: esauritasi la spinta propulsiva del duplex Veltroni-Soru che in veste il primo in veste di kingmaker ed il secondo di king doveva scalare il Pd, il domino prosegue con l'Unità. La regia dell'arrivo della De Gregorio all'Unità era stata dell'ex sindaco di Roma, deisderoso di dotare il proprio progetto di conquista dell'egemonia Democratica di adeguato supporto mediatico. Tramontato Soru e messo non tanto meglio Veltroni, dunque, si cambia. Solo che Concita la prende male, e sull'Unità di ieri verga un editoriale sdegnato, dove copre di improperi Dagospia, accusata di rimestare nel torbido e spandere chissà quali veleni, e soprattutto smentisce la notizia dell'imminente addio: «Il mio contratto non è “in scadenza”, come direttore non ho ricevuto comunicazione alcuna». Postilla: «Diciamo pure che sono fiduciosa». Ed è talmente ben riposta, la fiducia di Concita, che temèpo qualche manciata di ore arriva il comunicato dell'editore, con gli avverbi calibrati, le carinerie di rito e «l'augurio sincero e reciproco». Poco più di una settimana, e Concita saluterà per l'ultima volta una redazione che, giurano i soliti maligni, non è che si stia strappando i capelli per la disperazione. di Marco Gorra

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