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Il tifo del mediatore islamico: per la lapidazione. Denunciato

L'intermediario culturale di Padova istiga al massacro degli adulteri in un'intervista: scatta la denuncia per apologia di reato

Giulio Bucchi
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«Io sono musulmano e in quanto tale seguo le regole prescritte da Dio. Se Dio dice che chi commette adulterio deve essere punito con la lapidazione, io sono d'accordo con Lui. La cosa vale sia per le donne che per gli uomini. Tuttavia l'Islam è una religione che stimola il ragionamento. Dio, quando parla nel Corano, si rivolge al credente come a “colui che ha intelletto, a colui che ragiona”, perché l'uomo che non ragiona, è una bestia. In questo senso, occorre anche ragionare sulla lapidazione: Dio dice che essa è la pena da infliggere agli adulteri, ma dice anche che per infliggerla devono concorrere alcuni criteri, quali per esempio, la testimonianza perfettamente coincidente di 4 persone che abbiano assistito all'adulterio. Qualora ciò non avvenga, la pena non può essere inflitta. Ecco dunque il vero scopo della regola in merito all'adulterio: creare dentro gli uomini il timore del peccare. In 1500 anni di Islam, le persone che sono state veramente lapidate non sono più di 5. Le lapidazioni che si verificano nei paesi arabi e che spesso vengono mostrate in tv o su internet non sono in realtà eseguite secondo la regola, ma da gente che non è veramente musulmana». Ecco il cuore della clamorosa intervista rilasciata a ilprato.info da M. Selmi, 30 anni, mediatore culturale tunisino di Padova, che di fatto ammette e istiga alla lapidazione. Quella stessa lapidazione, con la quale è stata massacrata un anno fa, sempre al nord Italia, la pakistana Begm Shnez, il cui processo avrà luogo fra qualche giorno. Un'intervista che nella sua prima parte descrive un ragazzo impegnato nell'insegnamento dell'italiano ai giovani arabi e nella seconda, invece, svela tutto il suo estremismo profondo e radicalista. Leggendo queste righe provo grande paura, perché il pericolo che può costituire una persona del genere è enorme. Come mediatori culturali si insinuano nelle famiglie e condizionano la crescita dei ragazzi, infondendo integralismo e soprattutto un Islam deviato, frutto di quell'inquinamento che ha dato vita a terrorismo e oppressione delle donne. Ed è già successo: in Italia, non in Afghanistan o a Islamabad. La sua preparazione culturale gli permette di parlare di lapidazioni musulmane e non musulmane, come se chi viene lapidato in maniera non ortodossa non soffrisse un destino agghiacciante. Non potevamo far altro che inoltrare al Procuratore di Padova una denuncia per apologia di reato contro questo mediatore culturale. In Italia non c'è spazio per beceri trafficanti di fondamentalismo e non dobbiamo essere noi a mandarli involontariamente nelle case, nelle carceri o negli ospedali a fare proselitismo. Un estremismo che, nonostante il lavoro della Consulta esce dalla porta per rientrare dalla finestra, tramite la falsa cultura e il buonismo criminogeno di certe amministrazioni locali. A far da macabra cornice a questa tematica, poi, l'omicidio della giovane marocchina Fatima Chabani sempre a Padova e nello stesso giorno, colpita a morte perché colpevole di voler vivere libera, senza l'oppressione di un marito padrone che ne spezza ogni diritto di libertà. Diritto soffocato nel sangue, lo stesso sangue che ricopre il volto di una donna lapidata o il ventre di una bambina infibulata. Una strage silenziosa che ormai, lo abbiamo capito bene, si può fermare solo colpendo pesantemente e senza pietà chi sfregia le donne in ossequio ad un ossessivo delirio integralista. Non si può più vivere attendendo la prossima vittima, ma solo combattendo e usando l'arma giudiziaria, con coraggio e ribadendo ogni giorno l'inviolabilità dei diritti fondamentali che fanno da base alla nostra libertà. di Souad Sbai (deputato Pdl)

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