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La verità su Tedesco graziato: ecco come il Pd lo ha salvato

Accusato di associazione a delinquere, venti giorni fa è stato salvato dall'Aula: no alle manette. Ma i pm insistono: "In carcere"

Andrea Tempestini
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Il presidente del Tribunale del riesame di Bari, Francesca La Malfa, nel dispositivo consegnato alla cancelleria (ieri alle 13.30), lo scrive chiaramente: «L'ex assessore alla Sanità della Regione Puglia, Alberto Tedesco, era a capo di un'organizzazione criminale e per circa quattro anni, durante il suo governo, ha influenzato la Sanità e pilotato le scelte regionali in materia». In 45 pagine, i giudici del  Riesame, contestano il reato di associazione a delinquere (art. 416 c.p.) e dispongono gli arresti domiciliari per il senatore, eletto nel Pd e ora nel gruppo Misto. È la risposta del Tribunale al ricorso presentato dai pm della Procura contro l'ordinanza del gip Giuseppe De Benedictis, poi sospeso dal Csm perché finito in una compravendita di armi da guerra proibite. Il giudice aveva riconosciuto una sfilza di reati a carico di Alberto Tedesco: concussione, abuso d'ufficio, turbativa d'asta, concorso in falso, escludendo però il reato più grave di associazione per delinquere.   Il ricorso dei tre pm baresi Desireé Digeronimo, Francesco Bretone e Marcello Quercia, riguardava anche altri indagati: «A gestire la sanità pugliese», si legge nell'appello, «c'era un gruppo che costituiva  una vera associazione con tre obiettivi principali:  il controllo di pacchetti di voti a favore del gruppo politico guidato dall'assessore Tedesco (il partito dei Socialisti Autonomisti poi confluito nel Partito Democratico) attraverso favori elargiti alle aziende che quei pacchetti controllano. La copertura dei posti chiave nelle Asl con uomini di fiducia o comunque legati al gruppo. Il controllo delle gare di appalto e delle forniture in modo da pilotarle verso imprese collegate al gruppo di potere». L'ex assessore pugliese aveva ovviamente gridato la propria innocenza: «Si tratta di un'azione persecutoria esercitata contro di me e contro tutto il Senato». La Procura di Bari invece aveva chiesto l'autorizzazione a procedere e l'arresto per il parlamentare, cosa che il Senato ha negato tra le polemiche. È successo lo scorso 20 luglio, quando l'Aula ha respinto in contemporanea la richiesta di arresto con il voto favorevole della Camera sul deputato del Pdl, Alfonso Papa, avanzata dai magistrati napoletani, nell'ambito della cosiddetta inchiesta P4. Un voto a sorpresa, quello che a Palazzo Madama ha “salvato” Tedesco, deciso a scrutinio segreto e al quale hanno fatto seguito infuocate baruffe interne ai democratici. La Procura di Bari presenterà una nuova richiesta di arresto per Alberto Tedesco, chiederà al Senato l'autorizzazione a procedere e non sarà semplice negare la sussistenza dell'ipotesi di reato contestata dalla Procura e avallata dal Riesame. La  difesa del parlamentare può ricorrere in Cassazione e qualora lo facesse (come si suppone), la Procura dovrà aspettare la pronuncia dei supremi giudici per poter chiedere l'autorizzazione a procedere con gli arresti domiciliari. In precedenza, davanti alla richiesta di custodia cautelare prima e di arresti domiciliari poi, per ben due volte la commissione per le autorizzazioni a procedere non si era espressa e aveva rimesso la decisione nelle mani dell'Aula del Senato. Lo scorso 20 luglio, il senatore rosso, aveva «sommessamente invitato il Senato a dire sì alla richiesta d'arresto avanzata dalla Procura di Bari e di farlo senza ricorrere al voto segreto», queste le sue parole in Aula. Adesso che il rischio si fa più elevato, Alberto Tedesco pensa al ricorso in Cassazione: «Non dimentichiamo che per me si riapre nuovamente la possibilità di ricorrere alla Corte suprema, anche se per prendere una decisione dovrò attendere di conoscere la motivazione di questa nuova ordinanza». E confida nuovamente nell'appoggio degli amici  del Pd: «Se la Cassazione conferma questo capo d'accusa, la Procura dovrà comunque tornare a chiedere l'autorizzazione a procedere al Senato». Il parlamentare ha tempo dieci giorni per impugnare il provvedimento davanti alla Cassazione. E a chi gli chiede se si aspettasse che i giudici del Riesame confermassero il grave capo di imputazione a suo carico, lui risponde non sembra sorpreso della decisione presa dal Riesame: «Non era improbabile essendosi il Tribunale totalmente adeguato all'impostazione della Procura». di Monica Lodi

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