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Pisapia, cento luoghi di culto: tanti saluti alla sicurezza

Il dialogo suicida del sindaco di Milano con la comunità musulmana. Tra i progetti della giunta c'è anche la Mecca meneghina

Andrea Tempestini
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D'accordo, viale Jenner non è Ground Zero e mica bisognava aspettare tre anni di tormentosi dibattiti, angosciosi rinvii  e furbettosi rimpalli per poi decidere che la moschea non si farà. Né piccola, né extra large, neanche media e neppure small. Ci sarà invece la “moschea diffusa”, cioè tanti piccoli centri per ogni quartiere della città. Peggio che andare di notte, anzi per ramadam. Lo hanno deciso i rappresentanti degli islamici meneghini e la vice di Pisapia,  Maria Grazia Guida, la  gonnella di don Colmegna nella giunta rosso-arancione. Allah è grande, ma a Milano i musulmani che lo pregano sono davvero pochini. I  fedeli islamici praticanti nei luoghi di culto sono soltanto il 3 per cento, poco meno di 3000 sui 100.000 presenti in città. Gli altri, cioè il 97 per cento, se pregano, lo fanno in privato, nel chiuso delle loro case. Dunque, se così stanno i numeri, si dovrebbe pensare che bene ha fatto la giunta a moltiplicare muezzin e minareti. Non è così. C'è, tanto per cominciare, un problema economico: quanto costerà a Palazzo Marino, cioè ai milanesi,  ristrutturare e sistemare quei 166 luoghi di culto riservati a una minoranza? Ma esiste, soprattutto, un problema di sicurezza. Con  le cento moschee, sarà impossibile il controllo, a partire dai sermoni degli imam, che le indagini della Digos hanno sovente smascherato come guerreschi incitamenti alla jihad. Si potrebbe certamente obbligarli a predicare  in italiano ma anche così resterebbe la difficoltà di presidiare e monitorare tutti i centri di preghiera. Ci andranno a turno i vigili urbani magari accompagnati dagli assessori di Pisapia? Ma via,  il diritto alla libertà di culto per i  musulmani è giusto e sacrosanto, ma mica a scapito della sicurezza dei milanesi. Dunque, meglio per tutti una sola moschea.   Una soluzione ragionevole: è forse per questo che gli arancioni non la capiscono. di Luigi Santambrogio

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