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C'era un tempo in cui il Raìs ringraziava il "fratello Prodi"

Quelli che non ricordano più quel giorno in cui Gheddafi preferiva D'Alema. Non solo il Cav aveva rapporti amichevoli

Andrea Tempestini
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Il colonnello Gheddafi nell'aprile 2004: «Voglio  esprimere la mia gratitudine al mio fratello Prodi». Saif Gheddafi, figlio del colonnello, nel 2009: «Ammiro Silvio Berlusconi, ma preferisco Massimo D'Alema». Sono solo alcune tra le numerose attestazioni pubbliche di amicizia, stima, rispetto verso i leader della sinistra italiana espresse dal dittatore e famiglia. Tanto per ricordare, a chi oggi accusa il premier Silvio Berlusconi, il governo, il ministro degli Esteri Franco Frattini, di aver intrattenuto rapporti amichevoli con il regime libico, che si tratta, comunque, di un'antica consuetudine, ampiamente praticata anche da quella sinistra che oggi rivendica purezza di intenti. Ancora, il 30 agosto  2008, Gheddafi, nel discorso pronunciato a Bengasi   in occasione della firma dell'accordo italo-libico, proclama che il documento è dovuto certo «a uomini coraggiosi capaci di fare la storia come il mio amico Berlusconi, i membri del governo e i rappresentati del popolo italiano», ma ch era stato possibile raggiungere tale accordo proprio grazie «a quegli uomini audaci che firmarono ed emanarono la dichiarazione congiunta del 2 luglio 1998 come Prodi, Dini e D'Alema». E sempre in quell'occasione, D'Alema viene menzionato da Gheddafi anche nell'accogliere la statua della Venere di Cirene, restituita ieri dall'Italia dopo 95 anni: il colonnello ha ricordato che l'opera fu restaurata nel 1999 proprio «durante la presidenza del nostro amico D'Alema». Amicizia e stima ricambiati, come si evince dalle parole che nel novembre 2006, da Tripoli, D'Alema rivolge alla Libia guidata dal colonnello perché è «fortemente impegnata» nelal battaglia contro il fondamentalismo islamico. Lo stesso ex premier Prodi rivendica  il ruolo di aver “sdoganato” Gheddafi in Europa, ai tempi in cui presiedeva la Commissione Europea, appunto nel 2004. Lo fa attraverso  varie interviste sul tema, a partire da fine febbraio scorso,  quando in terra libica scoppia la rivolta. Ma mette le mani avanti, ricordando di non aver voluto siglare da premier il Trattato di amicizia con la Libia perché lo aveva ritenuto troppo «oneroso»  per l'Italia; e comunque non avrebbe accettato «le umiliazioni»  che poi il Colonnello ha riservato al nostro Paese.    Perché, per Prodi, la questione fondamentale è  la  dignità: «Nelle relazioni tra Paesi è fondamentale il modo in cui si gestiscono i rapporti, occorrono equilibrio e reciproco rispetto. Tra me e Gheddafi non c'è  mai stato servilismo. E invece», dichiara convinto il professore, «il mio successore (Berlusconi) è  sempre andato oltre, ha cercato lo spettacolo, lo show, ha blandito il rais...».  E se è senz'altro vero che l'Italia ha tutto l'interesse ad avere buoni rapporti con i Paesi del Mediterraneo, ricorda Prodi che esiste un problema basilare, «lo stile». Insomma, la classe non è acqua e se ti intrattieni con un dittatore, la devi sfoggiare. E a sinistra, modestamente, sappiamo  come si fa. di C. Ma.

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