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La guerriglia di Lampedusa Profughi? No, delinquenti

Maria Giovanna Maglie: "Ora salutatemi la Primavera araba e fatemi capire dove sta il piano Marshall di Obama e Sarkozy"

Carlotta Addante
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È finita con la guerra in casa, e non è che l'inizio. Salutatemi la primavera araba, caro Obama, caro Sarkozy, e fatemi capire dove sta il piano Marshall nel vostro lungimirante progetto; ci dica anche, presidente Napolitano, come potete stare a guardare senza ritenere di spendere una parola di fronte a gente per bene costretta in casa, assediata, minacciata, dite se a pagare per i vostri paroloni nelle grandi assise mondiali celebrate nei palazzi dell'inutilità delle Nazioni Unite toccherà solo ai cittadini di Lampedusa e agli italiani. Lamenta dal suo comodo scranno di deputato Leonard Touadi, uno che in Italia ha trovato l'America tra protettori potenti come Veltroni, Di Pietro e Franceschini, che i tunisini delinquenti di Lampedusa non hanno trovato da noi quel gelsomino che cercavano. Rivoluzione del gelsomino si chiama con termine elegiaco al quale non corrisponde neanche un po' la nuova realtà del mondo arabo, il cambiamento di regime in Tunisia, altri nomi romantici li hanno trovati per l'Egitto e per la Libia, che sono i prossimi posti dai quali, scommettiamo, nei prossimi mesi ci ritroveremo clandestini a migliaia in sbarco sulle coste italiane, che, nonostante i solidali piagnistei dei vari Touadì, Gino Strada e le proteste delle organizzazioni per i rifugiati dai finanziamenti economici pingui, saranno delinquenti comuni, sfruttatori della prostituzione, bugiardi che si fingono minorenni, non profughi, non rifugiati politici, esattamente come lo sono i tunisini ospitati a Lampedusa e pagati da noi trenta euro al giorno. L'Italia invasa si ribella - È ora di dire basta, tutti a casa, chi torna vada in galera il tempo di essere rispedito indietro. Altrimenti la rivolta sociale della quale parla da incosciente e a vanvera Antonio Di Pietro gli abitanti di Lampedusa e gli altri delle zone d'Italia afflitti e perseguitati da centri di accoglienza che sono invece covi di delinquenti, la faranno loro, e avranno tutte le ragioni. Tutti a casa anche perché stiamo assaggiando i primi frutti amari della cosiddetta primavera araba, un sommovimento sconvolgente di una grande area geografica che guarda caso sta proprio davanti al nostro Paese, fomentata e foraggiata nella più completa incoscienza, senza un progetto serio per il dopo “cambio di regime”, anzi lasciata al suo destino di disordine, proteste, politiche incerte, scontro tra estremisti islamici, povertà come e peggio di prima. Ne è responsabile prima di tutti l'Amministrazione americana nelle mani di Barack Obama, un presidente inesperto, sospettosamente amico dell'Islam, che dal primo giorno di insediamento ha praticato una politica di apertura finanche all'Iran degli ayatollah, e lo ha fatto senza preoccuparsi delle alleanze con l'Europa. Seguono altri responsabili, come Nicolas Sarkozy e David Cameron, due leader in crisi di consenso che hanno utilizzato le avventure di guerra internazionali per recuperare quel consenso assieme a forniture di petrolio e gas che prima altre nazioni avevano grazie a solidi accordi bilaterali. La ventata guerrafondaia e di appoggio alle cosiddette rivolte popolari è stata preceduta  da un periodo di continui attacchi all'Italia, e al suo governo, accusati di egoismo, razzismo, protezionismo solo per aver cercato di mettere in piedi una politica adeguata di respingimenti e una legge di sicurezza del confine e della sicurezza nazionale. Anche l'efficace accordo con Gheddafi è stato oggetto di accuse e calunnie. Oggi nelle immagini di Lampedusa aggredita e violata, in quell'incendio di un centro di accoglienza che è un covo di delinquenti che vengono qui convinti di mantenimento e impunità, è evidente che ogni regola è saltata e non sappiamo quando si potrà porre un rimedio serio. Intanto Obama non ci ringrazia del sacrificio enorme fatto appoggiando la campagna di Libia, e la Nato chiede agli otto partners impegnati nel conflitto  di protrarre l'impiego delle forze aeronavali con i relativi costi aggiuntivi per altri tre mesi. Missione libica - La missione alleata proseguirà «sino a quando la popolazione libica sarà minacciata», che tradotto dal linguaggio politically correct del presidente Usa significa che le capacità militari dei ribelli sono infime come sono sempre state, che non c'è accordo politico, che Gheddafi resiste, e come, e se può farlo nonostante una vera e propria invasione internazionale e non si limita a tenersi nascosto è perché gode di largo appoggio popolare, che ci hanno raccontato, come abbiamo scritto un'infinità di volte su Libero, un sacco di bugie. Altro che minacce, qui l'unica popolazione minacciata è quella di Lampedusa. di Maria Giovanna Maglie

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