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Schierati Quando De Bortoli disse a Bertolaso: "Siamo stati cattivi perché eri l'erede del Cav"

L'ex capo della protezione civile rivela il colloquio: "Infangato dal Corriere perché vicino a Berlusconi. Ho la registrazione"

Andrea Tempestini
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Va di moda il processo in tv. E del resto non c'è da stupirsi. Prima c'è lo sputtanamento sulla carta stampata, poi lo sfogo libero davanti alle telecamere: un presunto colpevole, due per l'accusa, uno per la difesa. A fare le veci dei pubblici ministeri giornalisti bravi perché lettori attenti di verbali, conoscitori delle procure e macinatori di inchieste. Fossero i segugi dei quotidiani di centrodestra li avrebbero già etichettati come i piloti della macchina del fango, ma questa è un'altra storia.   L'altra sera a Matrix sul banco degli imputati c'era Guido Bertolaso, l'ex capo della Protezione civile, l'uomo in tuta blu delle missioni impossibili, appena rinviato a giudizio dal Gup di Perugia, con altri 17, per corruzione, nell'ambito del filone sul G8 e i Grandi Eventi. L'accusa parla di scambio di favori tra imprenditori e pubblici ufficiali per l'assegnazione degli appalti. La solita “cricca” di Anemone e Balducci. La prima udienza del processo (quello vero), sarà il 23 aprile 2012, Bertolaso però non perde tempo. Eccomi, sono qui. Per il tribunale mediatico di Alessio Vinci doveva rispondere alle domande di Fiorenza Sarzanini (Corriere della Sera) e Carlo Bonini (La Repubblica). Maurizio Tortorelli, vicedirettore di Panorama, giocava la parte della difesa. Bertolaso non solo ha risposto, ha contrattaccato. Primo: «I magistrati puntano alla prescrizione, perché sanno che non c'è nulla contro di me. Ma io non ci sto: voglio una sentenza anche tra 20 anni, me la devono dare. Io non faccio parte di nessuna casta, di nessuna cricca». Secondo: «Sono stato massacrato dai mezzi dell'informazione. Si sono inventati di tutto sulle mie possibili malefatte. Case, ville, amanti. La mia povera famiglia è stata massacrata per le consulenze». Terzo: «Sono colpevole solo di essermi preso tutte le responsabilità che mi sono preso». La sua difesa personale, che è in realtà uno sfogo umano, va in onda a tarda sera su Canale 5, in una giornata già abbastanza calda politicamente da fare passare il resto in secondo piano. Ma il Guido infuriato è quasi un inedito, insospettabile perfino nel suo ricordare i dettagli delle conversazioni con i direttori di testate, come Ferruccio De Bortoli, il timoniere di via Solferino. Bertolaso replica colpo su colpo alle obiezioni. Vinci manda il servizio sulla parabola di questo medico specializzato in malattie tropicali passato a gestire le emergenze, siano terremoti, alluvioni o funerali papali. Sembra un secolo fa, quando il Capo della Protezione Civile era popolare come Obama e Napolitano, prima di essere messo all'angolo dalle inchieste sui Grandi Eventi. Le telecamere tornano in studio. La Sarzanini lo incalza: «Bertolaso, dove ha sbagliato?» . Si tira in ballo la leggerezza dei rapporti con il costruttore Anemone, il conflitto con il ruolo istituzionale. Anche per Bonini «si è venuti meno alla trasparenza, all'autonomia del ruolo». Parte un altro filmato, appalti in cambio di soldi e favori sessuali. È la storia della «ripassatina» al Salaria Sport Village di Simone Rossetti, della massaggiatrice Francesca che non c'era ed è stata sostituita dalla brasiliana Monica, chiamata da Regina Profeta con la quale poi parla in portoghese: «Gli ho fatto vedere le stelle». Frase intercettata e usata come prova sia contro Bertolaso sia contro la Profeta (che si è sempre dichiarata estranea alle accuse).    «Stando a queste intercettazioni avrei incontrato la fisioterapista brasiliana una dozzina di volte, e invece è agli atti che l'ho vista solo una volta», spiega l'ex sottosegretario. «Come mai non fate sentire la telefonata tra le due amiche? Quando lei dice “gli ho fatto vedere le stelle” allude al mal di schiena, non ad altro». Matrix lo accontenta subito e il clima si surriscalda. Bertolaso cita la retromarcia dei magistrati nell'ultima requisitoria. A Bonini, però, non basta. «Non voglio trasformare questo studio in un'aula giudiziaria». «Lo fate da anni», ribatte l'altro. «Il problema è di etica, di deontologia», insiste il segugio di Ezio Mauro. «Perché il capo della Protezione civile doveva parlare in codice?». I due battibeccano e non c'è niente di preparato, ora le domande le fa l'imputato al “pm”. «Che cosa avrebbe fatto un magistrato serio di fronte a certe accuse?», chiede.  «Avrebbe convocato questa Monica per interrogarla: è vero che lei ha fatto questo e quest'altro con Guido Bertolaso? E invece Monica non l'hanno mai sentita, pur essendo residente a Roma. E Francesca, la mia fisioterapista, l'hanno interrogata solo per le mie insistenze». Conclusione: «Non una sola accusa che regga». A sostegno del complotto, Bertolaso estrae l'asso nella manica: una visita del direttore del Corriere della Sera. «Con lei siamo stati molto cattivi, mi disse, ma sa, si temeva che prendesse il posto di Berlusconi». La Sarzanini non ci crede. «Dubito che De Bortoli possa aver fatto questo». Bertolaso spiazza tutti: «Vogliamo sentire la registrazione?». Peccato che Vinci questa non l'ha mandata in onda. di Brunella Bolloli

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