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Il giullare Sarkò non ride più Banche a secco, Parigi trema

Francia, spread da record e voci di declassamento. E per Siano (Etf Securities) "ora il problema è il Gallo, non i Piigs"

Andrea Tempestini
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Il presidente Nicolas Sarkozy si affanna sempre più a rilasciare dichiarazioni sullo stato di salute dell'Italia. Sulla presunta  follia e depressione di George Papandreu. Poi toccherà all'economia spagnola. E così via. Tutti diversivi per tenere lontana l'attenzione dei mercati dallo spread francese. Tecniche di comunicazione che di giorno in giorno perdono efficacia. Già ieri il differenziale tra i titoli di Stato di Parigi e il bund tedesco ha toccato lo storico livello di 170 punti base. Pensare che meno di un anno fa la quota non superava i 50 punti. D'altronde nel periodo compreso tra la fine di giugno e l'11 ottobre scorso gli istituti francesi hanno aumentato i finanziamenti ricevuti dalla Bce di 67 miliardi portando il totale a quota 86,7 miliardi. Un incremento superiore ai 30 miliardi  chiesti dagli sportelli spagnoli e all'aumento di 63 miliardi fatto registrare dalle banche italiane. Per non parlare della folle esposizione dei francesi verso il debito greco. Lo stesso principio che ha di fatto imposto la nazionalizzazione di Dexia potrebbe riservare pessime sorprese alle tre principali banche d'oltralpe. Ma la paura folle di Sarkozy si chiama downgrade e se una mattina Parigi si svegliasse anche solo con una A in meno, rischierebbe un effetto a spirale. La liquidità del mercato si sposterebbe quasi automaticamente verso i bond olandesi o di altri Paesi a tripla A. Con il risultato che le banche francesi dovrebbero mettersi a comprare bond della patria. Ma non sarebbero in grado. Si troverebbero nella condizione di non poter sostenere le emissioni e al tempo stesso di dire addio alle ricapitalizzazioni. «Il mercato sa bene che le banche francesi sono appese a un filo e che a differenza dell'Italia (+2,6%) sui conti parigini pesa un disavanzo primario di - 2,1%», spiega a «Libero» Massimo Siano head office per l'Italia di Etf Securities, «Senza contare che il principale istituto, SocGen, di fatto si sta trasformando in un hedge fund con grossi problemi di capitalizzazione».  La crescita esponenziale dei Credit Default Swap (assicurazione sul rischio di fallimento) dei tre principali istituti è infatti illuminante. E più di un analista comincia a parlare di possibili fallimenti. «Situazioni estreme che avrebbero un impatto drammatico su tutta la Francia», conclude Siano, «basti pensare che se saltasse il banco di SocGen, gli attivi gestiti dall'istituto sono più o meno la metà del Pil d'oltralpe. Il che significa che da ora il problema dell'Unione europea è il Gallo e non i Piigs». Scenari a parte, ci sono anche i diktat di Bruxelles a destare più di un sospetto, tanto che in molti pensano che ieri l'errore di S&P relativo al falso downgrade di Parigi fosse praticamente un lapsus freudiano. Non a caso  «per ridurre il deficit nel 2013 in Francia saranno necessarie nuove misure», ha detto il commissario Ue agli affari economici e monetari Olli Rehn. La Commissione stima infatti il rapporto deficit/Pil della Francia al 5,8% nel 2011, al 5,3% nel 2012 e ancora al 5,1% nel 2013. C'è poco da fare gli arroganti. Vale soprattutto per Valerie Pecresse, il portavoce di Sarkozy che ieri invece di pensare al proprio Pil ha dichiarato a Canal+ «L'Italia deve adottare misure credibili per ridurre il suo deficit rapidamente, e ciò penso che significhi un nuovo governo». Vedremo a dicembre chi e come commenterà la crescita degli spread. di Claudio Antonelli

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