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I buchi neri del San Raffaele: aereo da 20 mln per Don Verzè

Una testimone ai pm che indagano sul crac finanziario: "L'ha fatto comprare lui perché non voleva perdere tempo coi chek in"

Giulio Bucchi
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Dal buco nero del San Raffaele spunta anche un aereo di lusso da 20 milioni di euro, fatto acquistare da Don Luigi Verzè per evitare le noiose attese dei check in agli aeroporti. E' l'ultima rivelazione in cui si sono imbattuti gli inquirenti che indagano sul crac finanziario dell'ospedale milanese. Secondo quanto riferito dalla testimone Alessia Zacchia ai pm milanesi, il fondatore in accordo con l'ex vicepresidente Mario Cal, suicidatosi lo scorso luglio, avrebbe ordinato nel 2007 un aereo di lusso, un Bombardier modello Challenger 604. Il motivo, come ha confermato la Zacchia davanti ai magistrati increduli, è che Don Verzè non gradiva i check-in cui tutti i passeggeri sono sottoposti prima dell'imbarco. L'acquisto dell'aereo è finito sotto la lente di ingrandimento della Procura perché nell'operazione era coinvolta una società riconducibile a Piero Daccò, fermato nei giorni scorsi. Sulla motivazione, la Zacchia ha spiegato: "Convengo che si è trattata di un'operazione sopra le righe e che non è esattamente una motivazione seria per fare una spesa così enorme". "Non so dire quanto venga sfruttato l'aereo - ha precisato la Zacchia -, so che viaggia su Roma, Olbia e in Brasile. Nessuno ci ha mai chiesto di calcolare comparativamente la convenienza di fruire di normali servizi di linea. Posso dire che don Verzè, vista l'età, non accetta facilmente dei normali check-in quando viaggia in aereo". I magistrati hanno ricostruito che dietro la società Assion che ha acquistato l'aereo, c'è la Norconsulting, società riconducibile all'uomo d'affari Piero Daccò. E dagli atti dell'inchiesta risulterebbero altri dubbi su 2 milioni di euro versati da Assion alla Eurowordwide "perché questa società ricercasse sul mercato un ulteriore aereo" che "mai fu cercato e tantomeno fu trovato". Al centro delle indagini anche i costruttori Pierino e Gianluca Zammarchi, sospettati di concorso in bancarotta, che secondo i testimoni "ottenevano sempre quanto da loro richiesto", ossia che Don Verzè e Cal "gli riconoscessero dei maggiori importi". Secondo la testimone Pierino Zammarchi, dal 2005, avrebbe consegnato buste con banconote da 500 euro a Mario Cal.

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