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Il Cavaliere si cuce la bocca: parla soltanto Alfano

Berlusconi alla convention di Verona solo da spettatore. Sorride per i sondaggi: la sua popolarità sale di 4 punti

Giulio Bucchi
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«Stasera fate un giro per i mercatini di Natale», consiglia Carlo Giovanardi, perché l'intervento di Silvio Berlusconi, previsto per le 18, non c'è più. La prima giornata del convegno dei popolari liberali, componente del Pdl che fa capo all'ex sottosegretario,  si conclude con qualche ora  di anticipo. In elicottero, da Arcore, doveva arrivare il leader del Popolo della libertà. Ma la trasferta è stata annullata all'ultimo minuto. Posticipata, in realtà: Berlusconi ha promesso a Giovanardi che oggi sì, sarà a Verona. Motivi dell'assenza? Silvio aveva degli appuntamenti in villa e poi, a dirla tutta, non gli andava tanto di intervenire alla convention pop-lib. «È giusto che in queste occasioni parli Alfano, tocca a lui, io finirei per rubargli la scena», ha riflettuto Berlusconi. Ma rimanere a casa non si può: «Giovanardi è un martello pneumatico», sospira l'ex premier, «non riesco a dirgli di no...». Plausibile allora che stamattina Silvio giunga in Veneto per sedere in prima fila, applaudire e annuire al discorso del suo delfino, senza prendere la parola. Neanche a margine, se ci riesce. Intervenire entrambi, nello stesso giorno, significa relegare il segretario politico nel cono d'ombra. È il problema del dualismo, sollevato, prima timidamente, ora sempre con maggiore coraggio dai dirigenti: «Così», ragiona uno di loro uscendo dalla sala convegni dell'hotel Leon d'oro, «ammazza nella culla Alfano». Il protagonismo berlusconiano non aiuta la leadership ancora acerba di Angelino. La questione s'era già posta l'altra settimana alla Camera, quando l'ex presidente del Consiglio insisteva per parlare sulla fiducia al governo Monti. Il garbo e l'educazione di Gianni Letta, alla fine, avevano fatto desistere Silvio: deve intervenire Alfano, è lui l'interlocutore politico del nuovo premier. Così è andata. Ma il convegno di Giovanardi, parata di colonnelli azzurri che arriva a pochi giorni dalla rocambolesca fine dell'esperienza governativa, permette anche un primo referto medico sulla salute del partito di maggioranza relativa. La lenta agonia e il trapasso fulmineo hanno lasciato ferite profonde. C'è poi il senso di nausea per la nuova realtà, l'essere sostenitori di un governo tecnico in coalizione con Bersani e Di Pietro: orrore. Parlano, oltre al padrone di casa, Gasparri, Cicchitto, Quagliariello, Lupi, Gelmini, Corsaro. È tutto un precisare che «non si tratta di larghe intese», ma di «un governo di emergenza»; che il Pdl «non farà sconti» e non accetterà la patrimoniale; che «i sottosegretari saranno tutti tecnici». Ma i tecnici di area Pdl - si lamenta qualcuno sotto voce - «sono stati indicati dagli ex ministri, noi manco li conosciamo!». Ed è polemica pure su questo.   L'unico che sembra star tranquillo è proprio Silvio Berlusconi. Almeno è la versione di chi ci ha parlato nelle ultime ore. Il Cavaliere riesce a trovare aspetti positivi anche nella rovinosa caduta del suo governo e nella nuova avventura tecnica in cui ha imbarcato sé e il Pdl. «Da quando ho lasciato Palazzo Chigi la mia popolarità è cresciuta del 4 per cento», informa Silvio, sorvolando sul fatto che partiva dal suo minimo storico. Il partito «ha preso due punti» e andrà ancora meglio nelle prossime settimane, prevede, «quando la gente, spaventata da Imu, patrimoniale e tasse varie inizierà a rimpiangere il mio governo, ragionando che si stava meglio con me». L'ultima questione che rimbalza qui da Verona, città leghistissima, è il rapporto col Carroccio. Se Lupi ci tiene a marcare le distanze ora che si può («Siamo diversi da loro, a noi sta a cuore l'Italia»), gli altri non affondano il colpo. Pdl e Lega hanno preso traiettorie diverse e l'uscita di Bossi sul “vero” motivo delle dimissioni di Berlusconi non è affatto piaciuta al Cavaliere. La speranza, però, è sempre quella di rappattumare l'alleanza. O quello che ne rimane. Oggi, in contemporanea con la visita di Silvio, al Leon d'oro si affaccerà anche il sindaco leghista Tosi per un saluto. Gesto di cortesia nient'affatto scontato. di Salvatore Dama

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