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Colpo basso degli Usa: vietano di comprare titoli Ue

L'authority statunitense sui futures e derivati: stop all'acquisto del debito europeo. E l'Fmi si prepara a girarci i prestiti targati Bce

Andrea Tempestini
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C'è anche il fondo europeo salva-Stati nel mirino di Standard & Poor's. Dopo aver messo sotto osservazione i debiti di quasi tutti i Paesi di Eurolandia, compresi quelli tripla A di Francia e Germania, l'agenzia di rating statunitense ha aperto un fascicolo anche sull'European Financial Stability Facility (Efsf), il fondo a scadenza dell'Unione europea che ha finanziato i governi in crisi di liquidità. Una mossa che avrà inorridito Angela Merkel ma anche confortata nella sua determinazione, osteggiata da mezza Europa, di opporsi agli eurobond, a meno che i Paesi con i conti in disordine non si decidano a metterli a posto. Il suo timore è quello di dover diluire la forza del suo bund con i titoli di Stato di tutti i governi dell'area euro, compresi quelli costretti a pagare interessi molto alti, e di consegueza dover sborsare anche lei tassi più elevati. Ma questa sua ostinazione farà pagare a tutto il Vecchio continente un prezzo politico non indifferente. Perché sarà molto probabile che il Fmi debba allargare i cordoni della borsa prima che il fondo definitivo salva-Stati prenda il posto, tra uno o due anni, dell'Efsf. La maggiore presenza di un Fondo monetario internazionale in Europa, vuol dire, di fatto, una “pacifica invasione” di Stati Uniti e Paesi emergenti. Il Fondo monetario non ha soldi sufficienti per far fronte alle probabili ulteriori richieste dei governi europei in difficoltà. E non è  detto che il meccanismo allo studio di una triangolazione  Bce-Fmi-Paesi europei in crisi sia sufficiente per togliere il cappello di Washington ai finanziamenti. Anche se i nuovi fondi che potrebbero ritornare in Europa saranno di fatto targati Bce, sia gli Stati Uniti sia i Paesi emergenti, soci pesanti del Fmi, vorranno mettere becco sulle decisioni finanziarie dei singoli governi europei. D'altronde già oggi gli ispettori del Fondo monetario girano indisturbati tra i corridoi dei palazzi governativi del Vecchio continente. E che tra le due sponde dell'Atlantico si stia giocando sporco per scaricare sulle spalle dell'altro il conto della crisi, lo conferma quanto deciso ieri dalla Cftc, l'autorità che vigila sui futures e derivati americani. L'Authority ha vietato alle 123 società sotto il suo controllo di acquistare titoli di Stato europei con somme e per conto dei propri clienti. Un mercato stimato in 150 miliardi di dollari. Ora i big dei futures  potranno acquistare per i clienti soltanto titoli di Stato americani. Il lato comico della vicenda è che la decisione della Cftc è arrivata nel giorno in cui il ministro del Tesoro statunitense, Timothy Geithner, si trova in Europa per portare il sostegno americano al piano europeo di rafforzamento dell'euro. Un conto sono le chiacchiere, un altro i fatti. Quante volte il presidente statunitense ha detto di essere pronto a contribuire al rafforzamento del Fmi per dare manforte all'Europa? Quante volte Obama si è fermamente espresso per un durissimo giro di vite contro la speculazione finanziaria internazionale? Alla fine però gli Stati Uniti sembrano più preoccupati a sfilarsi dalla responsabilità di aver esportato la crisi piuttosto di trovare soluzioni comuni. Hanno già i guai loro, figuriamoci se sono in grado di dare una mano a noi. Un'altra nota divertente della giornata di ieri arriva da Bruxelles.  Secondo il presidente dell'Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, la decisione di Standard and Poor's di mettere sotto osservazione l'intera Eurozona e procedere eventualmente ad un declassamento di massa «è esagerata e scorretta». Ma se è stato proprio lui, giustamente, a denunciare pubblicamente il rischio sulla sostenibilità del debito tedesco, il Paese europeo che riesce, e chissà ancora per quanto, a tenere testa alla speculazione? Affondata Berlino, affondiamo tutti. Juncker però si è evidentemente già pentito di aver contribuito al gioco, tutto politico e speculativo, dell'agenzia americana. Che però saprà come ringraziarlo. di Antonio Spampinato

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