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Crisi Pdl-Lega: ora rischiano anche decine di giunte

C'eravamo tanto amati. Il contagio si sposta in periferia: mozioni di sfiducia, minacce e dimissioni in comuni e regioni

Andrea Tempestini
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Un conto è Roma, un altro il Nord. Nel primo caso – dicono i leghisti, negano gli azzurri – le strade di Bossi e Berlusconi si sono divise per sempre. Sul territorio, invece, anche Maroni ha aperto alla possibilità di continuare  il matrimonio. Amministrative di primavera comprese. E invece decine di giunte (tra comuni, province, perfino regioni) segnalano problemi. Il patto Carroccio-Pdl pare in crisi. Caso significativo è Varese città, culla della Lega, dove il sindaco padano Attilio Fontana deve tenere a bada la pattuglia berlusconiana, agguerrita per faccende urbanistiche. Da via Bellerio sono convinti che la situazione sia peggiorata - guarda caso - dopo l'arrivo di Mario Monti. Ed è molto recente anche la mozione di sfiducia con cui il Pdl (sostenuto pure dal Pd e altre forze d'opposizione) ha impallinato il presidente della Provincia di Belluno Giampaolo Bottacin, quello che ad agosto aveva affrontato Calderoli e Bossi per criticare la manovra dell'ormai defunto governo Berlusconi. In Veneto la tensione sembra essere sopra il livello di guardia. In provincia di Treviso – dove il presidente è il padano Leonardo Muraro – la Lega litiga con mezzo Pdl, ma gli azzurri sono divisi anche tra loro. Divisioni che arrivano pure nella giunta regionale: Luca Zaia deve sudare sette camicie per tenere insieme la squadra, e il coordinatore veneto del Pdl, l'onorevole Alberto Giorgetti, è stizzito per i continui distinguo degli alleati. Non a caso ha spedito un vero e proprio ultimatum: entro gennaio vuole sapere se le truppe del Senatur intendono fare da sole alle Amministrative. Vanno al voto le Province di Vicenza e Belluno (sempre che Monti non decida davvero di sforbiciarle) e i Comuni di Verona e Belluno. E poi Jesolo, Caorle, altri centri minori. «Noi ripartiamo dall'alleanza» fa sapere Giorgetti. Ma se i leghisti continuassero a fare i difficili, potrebbero essere scaricati a favore dell'Udc. A Verona il sindaco Flavio Tosi sta pensando di confermare la sua lista personale (che raccoglierebbe anche ex azzurri): il progetto non piace al leader veneto della Lega, Giampaolo Gobbo, e fa infuriare larghe fette dei berlusconiani che temono d'essere tagliati fuori. Massimo Giorgetti, segretario cittadino del Pdl e fratello del già citato Alberto, s'è dimesso in questi giorni: era stato accusato di fomentare polemiche contro Tosi, e la cosa aveva scatenato un vespaio anche tra i berlusconiani. Tensione pure a Feltre, provincia di Belluno, quasi 20mila abitanti amministrati dal senatore padano Gianvittore Vaccari. Ormai è appeso a un filo. E a dire la verità, oltre alle scazzottate tra alleati c'è qualche frattura nella Lega che rischia di far precipitare le cose. Il barometro segna brutto pure nella Provincia di Sondrio (in mano alla Lega). E poi nel comune di Cremona (alcuni assessori lumbard si sono dimessi, ma i problemi sono soprattutto interni al Carroccio). Maretta a San Donà di Piave, Venezia, dove un anno fa erano volati stracci per decidere se e come organizzare il concorso di Miss Padania. Musi lunghi a Mantova, dove il centrodestra ha conquistato il capoluogo ma si parla di «pace armata» tra i partiti. Fibrillazione pure ad Alessandria: i fedelissimi del sindaco azzurro Piercarlo Fabbio accusano gli alleati di mettersi sempre di traverso. Fa storia a sé la Regione Lombardia, dove i nordisti annunciano un giorno sì e l'altro pure di volersi accaparrare la poltrona di Roberto Formigoni. Nota storica: nel 1994, quando ci fu il ribaltone, Bossi e Berlusconi non governavano insieme le giunte locali. Con la fine del governo, il Carroccio si mise in proprio fino alla pace del 2000 (alle Regionali). Nel 2004, ecco un altro mini-strappo. Con Bossi in ospedale, la Lega sceglie di correre da sola al primo turno tornando col centrodestra ai ballottaggi. Risultato: parecchie sconfitte, tra cui la Provincia di Milano dove s'impose Filippo Penati. Tornando all'attualità, in larghissima parte gli screzi nascondono beghe personali. Basta dare un'occhiata a Varese. Al di là del capoluogo, fari puntati su Cassano Magnago (dove è nato Bossi, una specie di Betlemme padana) e Tradate. In entrambi i casi i sindaci sono maroniani di ferro: Aldo Morniroli e l'ex segretario provinciale Stefano Candiani. In primavera non potranno ricandidarsi. Bisognerà valutare i rapporti con gli alleati, certo. Ma soprattutto le indicazioni della Lega. Col nuovo leader locale Maurilio Canton, assai freddo con l'ex ministro dell'Interno, nulla è scontato. di Matteo Pandini twitter@padanians

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