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Italia dalla lira all'euro: in 10 anni prezzi doppi

L'1 gennaio 2002 arrivava la moneta unica e il costo della vita è schizzato alle stelle. Tutti i rincari: spesa, consumi, bollette

Giulio Bucchi
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Dieci anni di euro, dieci anni di fregature. Non solo per colpa della moneta unica che ha sostituito la Lira, ovvio, perché in mezzo ci sono state almeno tre gravissime crisi internazionali senza citare la ciclica pressione sull'oro nero, il petrolio. Ma a quasi dieci anni da quando la moneta dell'Eurozona è diventata concreta, l'1 gennaio 2002, è doveroso fare un bilancio di come la vita degli italiani sia cambiata. In peggio. Furbate e zero controlli - Non c'è una voce di spesa che abbia registrato una conversione corretta, e la responsabilità è di chi all'epoca e nei mesi precedenti non preparò il trapasso in modo attento. Pochi controlli sulla speculazione e via: con il change-over. il potere d'acquisto degli italiani va a marengo. D'altronde, l'inflazione era al tempo la paura maggiore degli analisti. Come ricorda il Corriere della Sera, appena una settimana dopo si stimava di aumenti generalizzati tra lo 0,4 e lo 0,7%. Per esempio, un biglietto del tram a Milano fino al 31 dicembre 2001 costava 1.500 lire e un giorno dopo 1 euro, al posto del cambio corretto a 0,77 euro. Oppure, la giocata minima al lotto passò da 1.000 lire a 1 euro, raddoppiatta di colpo. Certo, i commercianti si accordarono per bloccare i cartellini col doppio prezzo (in Lira e in euro) per 5 mesi. Ma i più furbi cambiarono i prezzi già negli ultimi giorni del 2001, per garantirsi una conversione assai più vantaggiosa. Esempio: un panino dell'Autogrill passò da 4.500 lire a 4.850 euro, in modo da passare a 2,5 euro nel 2002. Povero carrello - Ma è paragonando i prezzi di allora a quelli di oggi che si capisce come l'impatto combinato di euro, crisi, mancanza di concorrenza e di controlli reali abbia impoverito gli italiani. Se una pizza quattro stagioni costava 10.000 lire (5,16 euro nel 2002), oggi si devono sborsare in media 10 euro. Ormai nota l'escalation del canone Rai, che da 179.000 lire è passato agli attuali 112 euro con un rincaro del 21 per cento. Solo il settore tecnologico ha visto calare i prezzi, a causa dello straordinario sviluppo dell'offerta. In tutti gli altri settori, sono lacrime: un caffè da 1.500 lire a 1 euro, un cappuccino da 2.000 lire (e poi 1,03 euro) a 2 euro. La pasta da 1.000 lire (0,51 euro) a 0,75 euro, un biglietto del cinema da 13.000 lire (6,71 euro) a 7,50 euro.. Raddoppiati i jeans, da 125.000 lire (64,56 euro nel 2002) a 117 euro. Impossibile da non sottolineare l'escalation anche dei consumi, con il canone Telecom passato da 24.840 lire al mese (12,83 euro) a 16,50 euro, e quello della benzina, da 1.954 lire (1,01 euro) al litro per la verde a 1,72 euro. Il risultato, nonostante l'emergere delle grandi catene di distribuzione al posto dei negozi di quartiere, giudicati presto troppo cari, è che il carrello della spesa degli italiani, dieci anni dopo l'introduzione dell'euro, è più povero del 10 per cento.

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