Processi lumaca in Italia
L'Europa ci sgrida
La lentezza della giustizia italiana non piace affatto al Consiglio d'Europa, che è tornata a rimproverare l'Italia per i suoi processi lumaca. In una nota pubblicata oggi, il Comitato dei ministri,organo esecutivo dell'organizzazione, invita le autorità italiane adadottare celermente le necessarie misure per velocizzare i processicivili, penali e amministrativi. Il Comitato ritiene inoltre necessariaed urgente l'adozione di misure ad hoc per ridurre l'elevato numero dicause pendenti davanti ai tribunali civili e penali(5 milioni e mezzo circa le prime, 3 milioni e 200 milale seconde) e allo stesso tempo incoraggia con fermezza le autoritàitaliane a rivedere la legge Pinto. Emanata nel 2001 perrisarcire le vittime delle lungaggini processuali, questa legge si sta dimostrandoinadatta, secondo il Comitato ministri, a risolvere il problema, comedimostra l'elevato numero di italiani che si sono rivolti alla Corte diStrasburgo per indennizzi troppo ridotti o avvenuti in ritardo. IlComitato invita quindi l'Italia a creare un fondo speciale per irisarcimenti e a semplificare le procedure per ottenere gli stessi. Golden shares - La Corte di giustizia europeaha condannato l'Italia per le azioni speciali (golden shares) riservate allo Stato in determinate società per azioni. L'Italia, si legge in una nota della Corte europea, ha violato le regole del Trattato Ue sul libero stabilimento e la libera circolazione dei capitali. La sentenza precisa che il decreto del presidente del Consiglio dei ministri del 10 giugno 2004 relativo, appunto, alla definizione dei criteri di esercizio dei poteri speciali detenuti dalla Stato per l'applicazione delle norme per l'accelerazione delle procedure di dismissioni di partecipazioni dello Stato e degli enti pubblici in società per azioni, «è formulato in modo generico ed impreciso». Per i giudici Ue la mancanza di precisione sulle circostanze checonsentono di esercitare questi poteri pregiudicano gli investitori che non sanno quando questi poteri possono trovare applicazione. Nel mirino i poteri speciali di opposizione all'assunzione da parte di investitori di partecipazioni rilevanti, che rappresentino almeno il 5% dei diritti di voto, e alla conclusione di patti o accordi tra azionisti che rappresentino almeno il 5% dei diritti di voto; veto all'adozione delle delibere di scioglimento delle società, di trasferimento dell'azienda, di fusione, di scissione, di trasferimentodella sede sociale all'estero, di cambiamento dell'oggetto sociale, dimodifica dello statuto che sopprimono o modificano i poteri speciali, la nomina di un amministratore senza diritto di voto. Una di queste clausole, ricorda la Corte, è stata inserita negli statuti di ENI, Telecom Italia, Enel e Finmeccanica. «Ciò - si legge - scoraggiarerebbe gli investitori che intendono stabilirsi in Italia al fine di esercitare un'influenza sulla gestione delle imprese. Inoltre esso va oltre quanto necessario per tutelare gli interessi pubblici che ne costituiscono l'oggetto».