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Merkel ha fregato il Professore Monti cerca aiuto da Obama

La linea di Angela contraddice quella economica delle istituzioni comunitarie. Barack ha paura della austerity europea

Andrea Tempestini
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Orbo del suo Gianni Letta, Mario Monti si presenta oggi a Berlino per un vertice che può cambiare la faccia della crisi, soprattutto per l'Italia. Sul tavolo le condizioni attuative del famigerato «Six pack», le misure che il neoinsediato esecutivo tecnico ha sottoscritto l'8 e 9 dicembre. In discussione è in particolare la bozza del Trattato intergovernativo proposto da Berlino (in sostanza, l'applicazione del Six Pack), che riflette l'approccio tedesco di questi anni: durezza delle misure e «nazionalizzazione» del controllo, con l'esclusione della Commissione. La stessa che ieri ha di fatto riscritto la manovra del governo ballerino del Belgio. Ciò che può far male per anni all'Italia, come noto, è l'inasprimento vincolante che preveda una riduzione di un ventesimo all'anno del debito per i Paesi che sforino la soglia del 60% del rapporto col Pil. Per il nostro Paese, che vanta un rapporto del 120%, si tratta - agli attuali tassi di (de)crescita - di un massacro da 40-50 miliardi l'anno, ottenibile solo mediante svendite massicce o ulteriore carneficina di tasse. Soprattutto, sarebbe una mazzata definitiva alle speranze di crescita e di recupero di fiducia. Il paradosso è che a Monti in questa fase conviene fare l'europeista: «La linea Merkel», spiega a Libero Domenico Lombardi, analista alla Brookings, «contraddice la linea economica ma soprattutto la storia dell'impostazione delle istituzioni comunitarie: azzera la condivisione delle misure in favore di un controllo rigido e affidato ai singoli Stati, ma in definitiva a Berlino». Ieri l'agenzia Reuters ha diffuso alcuni rumor su un «ammorbidimento» dei contenuti del Trattato integovernativo, in particolare sui criteri di calcolo della somma del debito. Dettaglio indubbiamente positivo, ma il vero nodo resta evitare - dal punto di vista di Roma - meccanismi quantitativi automatici, che nelle nostre condizioni sarebbero comunque una mazzata. Dunque a Monti conviene tentare di schierare contro la Merkel lo spirito fondativo dell'Europa, e con esso in maggior numero possibile di Stati membri. Il vero alleato tuttavia il nostro premier lo cercherà fuori dall'Unione: è prevista nella terza settimana di gennaio la visita di Monti in America, dove incontrerà Obama (e forse il Fondo Monetario). Il presidente Usa, ormai in campagna elettorale, ha non solo una visione tipicamente pro-crescita, ma in questa fase anche l'interesse a far pressione sulla Merkel perché non consegni al mercato Usa un'area impiccata all'austerity imposta da Berlino e dunque ostile all'export americano. La nuova e «strana» (copyright Monti) condizione dell'Italia, e l'onda di riforme che ora paiono avere percorribilità politica, fanno del nostro Paese un grimaldello potenzialmente efficace contro la pervicacia teutonica. Ovviamente servirà qualcosa di più tangibile del volatile prestigio di Monti: i gioielli di Stato. Banche e i grandi gruppi finanziari. Lo stesso Lombardi ritiene «perfettamente plausibile» una cessione dell'argenteria «in cambio di ammorbidimenti» pro-Italia. Il mercato, insomma, è aperto. di Martino Cervo

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