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Finti tagli alle diarie della Casta Così Fini ci ha fregato ancora

La detrazione massima per un deputato che non va mai alla Camera è 723 euro: incasserà comunque 2mila euro al mese

Andrea Tempestini
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Gianfranco Fini ha trovato la regola per la pacchia perfetta dei suoi deputati. Facendo finta di usare la linea del rigore del governo di Mario Monti e di tagliare i costi della politica, ha assicurato a qualsiasi dei 630 eletti a Montecitorio uno stipendio fisso mensile di circa 7.500 euro che sarà erogato anche a chi se ne starà comodamente a casa sua senza mai  andare un solo giorno al mese a Roma. Oltre a questa somma potrà ancora percepire fino alla fine della legislatura altri 3.690 euro netti al mese per il rimborso forfettario di spese di segreteria, che dalla prossima legislatura forse verrà corrisposto solo dietro presentazione di regolari ricevute o di contratti registrati per pagare i propri collaboratori. Quel che non accadrebbe in alcun altro lavoro al mondo, può dunque avvenire a Montecitorio perfino dopo i draconiani e tartufeschi tagli annunciati dal presidente della Camera. Sulla carta un deputato totalmente disinteressato ai lavori della Camera potrà occuparsi di altro a casa sua e potere contare su più di 12 mila euro netti al mese fra stipendio base, rimborsi per spese di soggiorno che non ha, rimborsi per spese di segreteria che non ha, rimborsi per spese di trasporti che non sostiene e rimborsi di spese telefoniche che a questo punto sarebbero del tutto private. Per avere da qui alla fine della legislatura circa 200 mila euro netti un deputato può banalmente non fare nulla di nulla. La grottesca situazione nasce dalle decisioni dell'ufficio di presidenza della Camera prese il 25 ottobre scorso. La linea del rigore aveva imposto infatti di tenere conto ai fini delle presenze dei deputati ai lavori parlamentari non solo dei voti in aula, che ci sono in pochissime sedute al mese, ma anche della loro presenza ai lavori delle commissioni parlamentari. Chi risultava meno in aula infatti spesso sosteneva di lavorare sodo in commissione, dove in effetti ogni deputato non deve stare lì come un robot a spingere un bottone e votare come dice il capogruppo. Le presenze sono state legate anche alla corresponsione della diaria: è chiaro che se un deputato non viene a Roma, non c'è motivo al mondo di rimborsargli un hotel dove non dorme. Solo che il regime delle trattenute trovato è diventato una vera e propria farsa. La diaria vale oggi 3.500 euro al mese. Le presenze in assemblea sono calcolate solo nei giorni in cui c'è votazione, ed è considerato presente solo chi partecipa almeno al 30 per cento delle votazioni. Le trattenute sono di circa un quindicesimo in caso di assenza. I giorni di votazione però si contano sulla punta delle dita: sono stati 5 ad ottobre, 5 a novembre e 4 a dicembre. Ogni deputato ha diritto ogni mese al condono di un giorno di assenza durante le votazioni. Decine di deputati possono essere giustificati ogni mese dal loro capogruppo, che in ufficio di presidenza li esenta dalla presenza e dalla trattenuta di 206,58 euro. Altri deputati oltre alle assenze che sono giustificate per tutti i lavoratori dipendenti, hanno diritto a non essere penalizzati mettendosi in missione o per motivi istituzionali o per motivi politici autorizzati. Alla fine il massimo della trattenuta che può rischiare dall'aula un deputato che non va mai è di 723,03 euro al mese. Molti però vengono perdonati comunque con i condoni di fine mese in ufficio di presidenza. Ai più sfortunati restavano comunque senza lavorare 2.800 euro al mese di rimborsi fasulli. Le novità arrivano per il lavoro in commissione. Ma il regolamento proposto da Fini e approvato da tutti i gruppi è una vera burla: si opererà una trattenuta sulla diaria di 300 euro per chi diserterà più del 50 per cento delle giornate di seduta della commissione parlamentare e di 500 euro per chi diserterà più dell'80% delle sedute. Risultato finale. la diaria per chi non va mai a Montecitorio sarà assicurata comunque per circa 2.300 euro al mese. Che si sommano ai 5.246,97 euro netti dell'indennità parlamentare, ai 3.690 euro netti di rimborso di spese di segreteria (che siano sostenute o meno, tanto non bisogna provare nulla), ai 1.108 euro minimi mensili di rimborso taxi (che li si prenda o no) e ai 258 euro mensili netti di rimborso spesa del telefonino. Senza fare nulla dunque si intascano 12.602 euro netti al mese, ed è un privilegio che nessuna altra categoria di lavoratori in Italia ha mai avuto, ha e mai avrà. In un caso del genere in qualsiasi posto di lavoro si sarebbe licenziati per giusta causa, e l'azienda potrebbe anche chiedere i danni al dipendente. A Montecitorio questo regime invece si chiama “stringiamo la cinghia anche noi come tutti gli italiani”. di Franco Bechis

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