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Tagliati 200 parlamentari: Casta costretta a dimagrire

Pdl, Pd e Udc trovano l'intesa sulla riforma costituzionale: deputati giù da 630 a 500, i senatori passeranno da 315 a 250

Matteo Legnani
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Un lungo incontro a tre a Montecitorio tra Angelino Alfano (Pdl), Pier Luigi Bersani (Pd) e Pier Ferdinando Casini (Udc) sancisce il primo accordo sulle riforme tra i partiti che sostengono il governo Monti. «Con Bersani e Alfano abbiamo raggiunto un'intesa per la riforma costituzionale che, a partire dalla riduzione del numero dei parlamentari, aprirà una fase di autoriforma dei partiti», annuncia Casini. «Sì, c'è un'intesa sulla riduzione del numero dei parlamentari e anche sulla riforma del bicameralismo perfetto. Ora si tratta di far prendere il ritmo al Parlamento», conferma Bersani. L'obiettivo è approvare il pacchetto, che nelle intenzioni è comprensivo anche della nuova legge elettorale, entro la legislatura. Da qui il tentativo del trio Pdl-Pd-Udc di allargare il confronto a Lega e Italia dei valori. Da qui a tre settimane dovrebbe vedere la luce un testo condiviso con la riduzione del numero dei parlamentari (da 630 a 500 deputati e da 315 a 250 senatori, ma il numero definitivo dipenderà dalla ripartizione dei nuovi collegi elettorali e dall'eventuale diritto di tribuna concesso alle forze minori); il superamento del bicameralismo perfetto; la sfiducia costruttiva; il potere di nomina e revoca dei ministri da parte del presidente del Consiglio e la riforma dell'articolo 117 della Costituzione sulla potestà legislativa. Già incardinata al Senato, invece, la riforma dei regolamenti parlamentari per assicurare una corsia preferenziale ai provvedimenti del governo. In vista c'è una convocazione congiunta delle conferenze dei capigruppo di Camera e Senato per mettere a punto il calendario dei lavori. Alfano, Bersani e Casini, compatibilmente con la procedura di revisione della Carta, che prevede la doppia lettura di Camera e Senato, pensano a tempi rapidi: una volta presentato l'articolato alle commissioni - al massimo entro la metà di marzo - prima dell'estate potrebbe esserci la prima lettura, in autunno la seconda e in inverno, magari già a dicembre, la terza e quarta lettura. «Pensiamo davvero di potercela fare», fa sfoggio di ottimismo Alfano. Il segretario del Pdl spiega perché si è deciso di partire con le modifiche della Costituzione e non con la legge elettorale: «È chiaro che dovendo e volendo diminuire i parlamentari, la legge elettorale la faremo subito dopo in modo tale da tenere conto del numero». Nel corso del vertice, Alfano ha fissato i paletti del Pdl: «Siamo per una democrazia trasparente. I cittadini devono sapere prima chi sarà il premier nel caso in cui vinca l'una o l'altra coalizione». La principale ipotesi di lavoro sul tavolo porta dritto al modello tedesco. Sulla legge elettorale, tuttavia, Bersani è più cauto: «Qui il discorso è più complicato, ma devo dire che qualche passo avanti sta avvenendo». Il timore dei democratici è che il Pdl, ipotizzando la riforma del sistema di voto solo dopo la pausa che si aprirà tra la prima e la seconda lettura del disegno di legge costituzionale, punti in realtà a prendere tempo con l'obiettivo di realizzare, magari per non strappare definitivamente con la Lega, semplici ritocchi del Porcellum. Soddisfatto il presidente del Senato, Renato Schifani: «L'incontro è senza dubbio una forte accelerazione.  I tempi sono ristretti, ma sono fiducioso che con un po' di buona volontà ce la si possa fare». Quello della Camera, invece, rilancia. «Si dovrà dare corso anche a una riforma della legge elettorale», intima Gianfranco Fini. di Tommaso Montesano

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