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L'India si prende altri italiani Due turisti rapiti dai maoisti

Nella regione dei cristiani perseguitati vengono rapiti due connazionali: sarebbe stato chiesto riscatto. Farnesina al lavoro

Andrea Tempestini
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La notizia in sé è scarna, quanto più non potrebbe essere: secondo una breaking news della televisione indiana Ndtv, due turisti italiani sarebbero stati sequestrati da guerriglieri maoisti nello stato dell'Orissa. Non si sa il loro nome, non si sanno le circostanze. Si sa in compenso che il rapimento è avvenuto a Kandhamal, che tra l'altro è il luogo da cui nel 2008 dilagò in gran parte dell'India un'ondata di violenza anti-cristiana. Si sa che i rapitori hanno fatto al governo una lista di 13 richieste, dal rilascio dei prigionieri politici alla fine dell'offensiva contro di loro. E si sa anche che è la prima volta che sequestrano stranieri. Non c'è conferma della Farnesina, che al momento di scrivere queste note stava provvedendo a una verifica d'intesa con l'ambasciata a New Delhi e le autorità consolari, immediatamente allertate e attivate. È una coincidenza sinistra, nel giorno in cui da un'altra parte dell'India altri maoisti andavano invece alle urne per cercare di tenere dentro altri due italiani. Il Kerala è di lingua dravidica, sulla costa sud-occidentale dell'India, con minoranze di cristiani e islamici che arrivano quasi a metà della popolazione, un tasso di sviluppo umano tra i più alti dell'India e un'economia fortemente dipendente dalle rimesse degli emigranti e dalla pesca. L'Orissa è di lingua indo-aria, sulla costa nord-orientale dell'India, con una popolazione massicciamente induista quasi al 95%, un tasso di sviluppo umano tra i più bassi dell'India e un'economia fortemente dipendente dal settore minerario. Tutti e due questi Stati sono però roccaforti maoiste, anche se di maoismi altrettanto diversi dei loro contesti. Il Kerala è infatti uno Stato dove ha a lungo governato un'alleanza di sinistra il cui principale partner è il Partito Comunista dell'India Marxista (Cpim): gruppo filo-cinese che nel 1964 si staccò dal filo-sovietico Partito Comunista dell'India (Cpi), sopravanzandolo subito come forze. Proprio l'ultimo fondatore ancora vivo del Cpim, l'88enne Velikkakathu Sankaran Achuthanandan, era nel 2011 Chief Minister del Kerala. Perse le elezioni di misura: 72 seggi al Fronte Democratico Unito (Udf), alleanza tra il Congresso e otto partiti locali; 68 al Fronte della sinistra democratica (Ldf), con Cpim, Cpi e altri sei partiti. Ma a novembre è morto il deputato del collegio di Piravom, che l'Udf aveva conquistato per soli 157 voti su 183.000 elettori. E ieri si sono tenute le suppletive. Anche se il figlio del morto perdesse il seggio del padre, l'Udf manterrebbe la maggioranza. Ma il first minister Chandy ha voluto trasfomare il voto in un referendum sulla sua amministrazione, e Achuthandanan ha colto al volo il caso dei due marò:  scatenando la campagna per fargli arrestare, e accusando il Congresso di volerli proteggere su mandato di Sonia Gandhi. Lo spoglio si terrà il 21 marzo, le decisioni del tribunale sono state accuratamente rinviate a dopo, e c'è l'impressione che se vincessero i maoisti per i marò si metterebbe male. Ma accanto a Cpim e Cpi, e a una quantità di altri gruppuscoli, c'è anche il Partito Comunista dell'India Maoista, che invece considera la democrazia una perdita di tempo, e conduce una feroce guerriglia alla testa di un vero e proprio esercito tra i 10.000 e i 20.000 uomini, chiamati Naxalites. L'Orissa è parte del Corridoio Rosso: un'area a infestamento naxalita che attraversa tutta l'India orientale, da nord a sud.  Forse anche i naxalites hanno voluto a loro volta accodarsi alla buriana anti-italiane. di Maurizio Stefanini

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