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La verità di Cecchi Gori: "Coca? Me la misero in casa"

Sfogo dell'ex senatore al Fatto: "Mi hanno distrutto anche la Fiorentina". Sul Cav: "Venne al funerale di papà, poi..."

Andrea Tempestini
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Sono quasi dieci anni ormai che di Vittorio Cecchi Gori si parla poco e nulla. Dieci anni trascorsi tra perquisizioni, sequestri, arresti e processi. Così è lo stesso Vittorio Cecchi Gori a prendere la parola e a sfogarsi in una lunga e durissima intervista concessa al Fatto Quotidiano. L'ex presidente della Fiorentina ricorda: "Nel 2001 entrarnono in 16, con le armi in pugno". E da lì l'inizio del calvario. Ma il produttore cinematografico è sicuro: "Vincerò su ogni fronte, ma per farlo, dovrei vivere ancora mezzo secolo. Chissà se mia madre mi avrà fatto abbastanza forte". "La cocaina ce la misero" - In quella perquisizione del 2001 nella cassaforte di Cecchi Gori trovarono della droga. "Un barzelletta - replica -. Sapendo che sarei stato perquisito secondo lei, nella cassaforte e in bella vista, avrei lasciato 4 grammi di cocaina? Ma non scherziamo. Se l'avessi usata non giocherei a tennis tutte le mattine. Ce la misreo. E poi a cagnara mediatica tramontata, in silenzio, mi assolsero". "Mi hanno distrutto la Fiorentina" - Altro capitolo amaro nella vita di Cecchi Gori è la Fiorentina: il giudice che si occupò del fallimento della società calcistica è stato condannato a 15 anni. "Si chiama Puliga - attacca l'ex presidente -. (...) Fagocitò la Fiorentina e mi mandò in malora. Le basta? Avevo ragione e ho fatto ricorso alla Corte europea dei diritti dell'uomo. Lì forse mi ascolteranno e forse avrò finalmente un po' di giustizia. Poi quel che sarà sarà". Con la Fiorentina però Cecchi Gori non riuscì mai a vincere lo scudetto. "Me lo impedirono - racconta al Fatto -, ma dato che, tanto per essere chiari, vivo a Roma dal 1950 tentai di aiutare Sensi a vincere al posto mio: Mi vogliono fottere, ma se vuoi ti cedo Batistuta". E Sensi accettò. "Settanta miliardi per un giocatore di 33 anni. Proprio stupido non ero, no?". "Quasi mi uccisero" - L'ex senatore si scaglia poi contro la politica, accusata di avergli distrutto il piccolo impero televisivo. "Rutelli e Marini mi fregarono - continua nel suo sfogo -, mi sbatterono ad Acireale, ma io in politica non sarei mai dovuto entrare. Lo feci per Martinazzoli e per combattere la battaglia sulle tv. Il grande errore della mia vita. Una strada pericolosa che mi ha quasi ucciso". Della sua parentesi a Tmc ricorda: "Portai la rete a 13 milioni di spettatori, spaventai, venni lasciato solo. Mi inventai l'Auditel di Stato. Un'idea rivoluzionaria che avrebbe reso il re nudo e messo in difficoltà Mediaset. La presero male. Addirittura ci fu qualcuno che mi minaccio per questo": era "un pubblicitario molto bene introdotto in certe televisioni". Contro Confalonieri e il Cav - Quindi gli attacchi frontali a Fedele Confalonieri e Silvio Berlusconi. Cecchi Gori racconta che il presidente di Mediaset "mi chiamò per dirmi serio: Tanto non scappi. La Library te la portiamo via. Ti facciamo fallire". Mentre sull'ex premier spara ad alzo zero: "Il giorno del funerale di mio padre, Mario, Silvio scrisse una bella lettera, venne al funerale e sostenne persino la bara. La mattina dopo, chiuse d'imperio le società Penta che avevamo costruito insieme". Cecchi Gori racconta la sua vita con parole durissime. "Non potermi espirmere - chiosa - rappresenterebbe la più grande sconfitta della mia vita".

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