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Adesso i prof ci insegnano anche a fare i papà

Congedo di paternità obbligatorio:con un provvedimento di tipo maoista i tecnici introducono l'obbligo per il genitore di stare a casa tre giorni

Lucia Esposito
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Cari amici maschi, vi sentite un po' strani oggi? Che so: una sensazione di gonfiore più o meno dalle parti dei capezzoli? Un tono di voce diverso e più sottile? Un inedito interesse verso rossetti, smalti e mascara? Se vi sentite come al solito sappiate di non essere abbastanza governativi: la Fornero vi pretende più femminili. La sua non è una perversione privatissima (risulta felicemente sposata con l'economista Mario Deaglio) ma una perversione pubblica anzi statale, contemplata nella famosa o famigerata riforma del lavoro. Si è tanto parlato dell'articolo 18, in pochi hanno fatto caso a un'altra misura contenuta nel maxiprovvedimento: il congedo di paternità obbligatorio. Ai distratti potrà sembrare una misurina, un dettaglio sul quale è inutile accapigliarsi, e invece è una rivoluzione culturale, qualcosa per cui vale la pena di rievocare la grande mobilitazione lanciata da Mao con l'ausilio delle Guardie Rosse. Lì il nemico erano i cinesi imborghesiti, qui sono gli italiani maschi. Anche stavolta si invoca una rieducazione, nel 2012 così come nel 1966 si intende imporre con la forza un radicale «cambiamento di mentalità»: lo ha detto esplicitamente la ministra antiuomo con l'aria di poter sguinzagliare da un momento all'altro stuoli di temibili Guardie Rosa. «Bisogna sfatare il mito che la maternità sia solo una questione di donne», ha dichiarato senza che nessuno le facesse notare l'assurdità della frase. Va bene che viviamo in tempi orwelliani in cui la politica distorce le parole per inebetire le plebi, però grazie a Dio esistono ancora i vocabolari della lingua italiana. Il mio, che è poi il Devoto-Oli, definisce la maternità «il rapporto da madre a figlio». L'etimologia è dello stesso avviso, informandoci che la parola deriva dal latino maternus, derivato di madre. Perciò la maternità è proprio solo ed esclusivamente una questione di donne, e chi cerca di negarlo commette una violenza contro l'italiano e quel che è peggio contro la natura. Il congedo di paternità obbligatorio vuole diffondere la figura del mammo, un povero essere che non sarà mai donna (ad esempio non ci sarà verso di fargli secernere latte) e non sarà più uomo. Come risultato avremo bambini spaesati, ancora più spaesati di quanto già lo siano oggi, perché nessuna legge potrà mai strappare dalle giovanissime menti il bisogno di figure genitoriali ben delineate. Come scrisse Konrad Lorenz: «Il bambino che vive in un gruppo privo di struttura gerarchica si trova in una situazione del tutto innaturale. L'assenza di un superiore più forte dà al bambino la sensazione di essere indifeso in un mondo ostile». E poi hanno il coraggio di chiamarlo governo tecnico. Dalla caduta della Repubblica Sociale non si era visto in Italia un ministero più ideologico, più illiberale, più fanaticamente proteso a imporre la propria visione del mondo. Ma non dovevano limitarsi a mettere a posto i conti? Balle. Che cosa c'entrano debiti e spread con «una cultura di maggiore condivisione dei compiti di cura dei figli all'intero della coppia»? E la riforma del lavoro non aveva come unico, strombazzato obiettivo il rilancio della competitività internazionale delle aziende italiane? Fanfaluche. Il congedo di paternità è l'ennesimo laccio buttato fra i piedi degli imprenditori, che si trovano a competere con interi continenti dove il congedo di paternità non l'hanno mai nemmeno sentito nominare. I costi non aziendali dovrebbero venire coperti dal «fondo per il finanziamento di interventi a favore dell'incremento dell'occupazione giovanile». Questo significa che, pur di accontentare una signora autoritaria e capricciosa, i giovani disoccupati verranno abbandonati al loro destino. Cari amici, ormai penso sia chiaro: o riusciamo a cambiare il governo o ci toccherà cambiare i pannolini. di Camillo Langone  

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