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Paragone: i tecnici comandano ma non sopportano le critiche

Lo stile secchione? Mezzo paese è in rivolta e loro fanno irona. Bravo, competente e trasparente? No, questo governo è solo arrogante

Giulio Bucchi
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Forse qualcuno se ne sta accorgendo. Si sta accorgendo che il governo tecnico sta portando tutti quanti a spasso. Tutti, dalle istituzioni alle associazioni di categoria, dagli imprenditori ai lavoratori passando per le famiglie. È come se il lungo periodo di scontro tra berlusconiani e antiberlusconiani avesse generato un abbassamento radicale delle difese immunitarie a tal punto da far passare ciò che nemmeno al Cavaliere era riuscito. Sia chiaro, non sono tra quelli che rimpiangono il passato: il centrodestra ha avuto una grande occasione e per motivi diversi non l'ha saputa sfruttare. Un'occasione storica suffragata sempre dal consenso popolare, quel consenso che invece manca a Mario Monti la cui investitura è avvenuta fuori dal perimetro elettorale. Certo, gode di una maggioranza parlamentare larga, maturata con l'aumento vertiginoso dello spread tra i titoli di Stato italiani e quelli tedeschi. Si tratta di una grande coalizione creata per paura e per sfiancamento, e comunque soltanto dopo che il presidente Napolitano aveva indicato il suo – e sottolineo “suo” ricordando il passaggio preliminare della nomina di Monti a senatore a vita – premier designato. L'esperienza della grande coalizione tedesca, più volte citata in questi anni soprattutto nel periodo del secondo governo Prodi quando il centrosinistra aveva la maggioranza alla Camera ma non al Senato, nacque per un accordo politico tra i partiti, esiziale rispetto alla scelta del Cancelliere. Qui no, qui è accaduto che ai partiti è stato servito il piatto su una tavola apparecchiatissima. Del resto, se così non fosse, oggi non assisteremmo a questi continui stop and go. Non da parte di Monti, sul quale c'è una specie d'immunità a prescindere garantita in Italia dal capo dello Stato e all'estero dai mercati internazionali registi delle crisi prima economiche e poi politiche. Gli stop and go cui facevo riferimento riguardano i partiti, i quali sono costretti a suonare uno spartito consegnato il mattino per la sera. Le note stonate sono equamente distribuite: per il Pd si chiamano articolo 18, per il Pdl si chiamano tasse: lavoratori e imprenditori sono incazzati neri e sempre più lo saranno man mano che arriveranno le cartelle esattoriali. A ciò si aggiungano i favoritismi alle banche e l'intoccabilità della spesa pubblica, quindi non è vero che tutti tirano la cinghia alla stessa maniera. Col piffero! «Se il Paese non è pronto, il governo potrebbe non restare» è una frase che suda arroganza e presunzione. Berlusconi fu ridicolizzato per la battuta sull'unto del Signore, ebbene quella battuta Monti non si sognerebbe mai di farla perché egli si comporta come se lo fosse. Quello faceva le battute, questo è seriamente convinto di esserlo! Cosa? Il Paese non è pronto? Siamo al colmo dei colmi: un signore che in vita sua è stato sempre e solo nominato si permette di giudicare il tasso di maturità di un Paese, di una collettività che sta trattando come una scolaresca di gente indisciplinata. Io non so quando l'ubriacatura filo-tecnici cesserà, però se il duo Monti-Napolitano intende governare senza confrontarsi con il Paese vero, beh io dico ben vengano lo sciopero generale e ogni altro genere di contestazione non violenta, perché ai cittadini si sta sostituendo il diritto di scegliere col dovere di subire. Credo che sia profondamente sbagliato. Napolitano è il primo responsabile di questo stato di cose perché è colui che ha orchestrato il passaggio dai politici (sicuramente non privi di gravi responsabilità) ai tecnici. A seguire c'è Monti, troppo sensibile alle esigenze dei grandi investititori e di coloro che operano nel mondo malato della finanza globale (è di settimana scorsa, tanto per fare un esempio di chi egli sia, la notizia che il nostro premier è stato sostituito alla presidenza della Trilateral Europe dall'ex eurobanchiere Trichet. La Trilateral è un pensatoio voluto da Rockefeller e dove un giorno qualcuno mise in discussione la democrazia rappresentativa…) e poi ci sono le Fornero, i Passera e compagnia cantante. Ieri Ezio Mauro scriveva, pur bacchettando fortemente il premier, che almeno questo governo è libero da conflitti d'interesse. Dove? Il direttore di Repubblica si rilegga attentamente la formazione dell'esecutivo, i suoi componenti di prima e di seconda fila e poi si accorgerà che i conflitti di interesse sono assai evidenti. Infatti nessuno tocca certi fili… di Gianluigi Paragone

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