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Anche il WSJ stronca Monti: Imita la Thatcher ma è pippa

Il quotidiano amercano durissimo per il dietrofront sull'art.18: "Resa a chi vuole l'Italia come la Grecia". Ddl, sarà fiducia

Giulio Bucchi
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Mario Monti voleva essere Margaret Thatcher, aveva l'occasione per imitarla, non c'è riuscito. Il giudizio del Wall Street Journal sul premier italiano è secco tanto quanto il dietrofront del prestigioso quotidiano americano, che pochi giorni fa non a caso aveva paragonato il prof all'ex eroina dei conservatori inglesi (e americani). La colpa, o meglio il tradimento, arriva dalla riforma del lavoro. Tanto coraggiosa a parole quanto pavida nei fatti, con tutte quelle retromarce e quegli ammiccamenti a sindacati e Pd. "Il dietrofront del governo sul lavoro, rinunciando a eliminare tout court il reintegro nel caso di licenziamento economico illegittimo, è una resa a coloro che vorrebbero portare l'Italia vicina all'abisso della Grecia", accusa il WSJ. E così dal paragone con la Lady di Ferro si passa a quello ben poco lusinghiero con Ted Heath, il predecessore della Thatcher che costrinse poi l'Inghilterra ad anni di riforme radicali e tagli spietati. Una rivoluzione ammodernatrice e coraggiosa che se fatta per gradi avrebbe evitato lacrime e sangue. "In Italia - si legge un editoriale - gli ottimisti dicono che una riforma limitata è meglio di niente. Forse. Tuttavia Monti è stato scelto per recuperare l'Italia dalla soglia di un abisso greco. La riforma del lavoro è una resa a coloro che la stanno portando laggiù". E Mario? Oltre a bacchettare chi lo critica (alla Marcegaglia ha replicato semplicemente che "tre mesi fa una riforma così se la sognavano") pensa semplicemente a blindare il testo del Ddl in parlamento, probabilmente ponendo l'ennesima fiducia.  

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