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Bechis: il vizietto padano: giocare con Coop e auto blu

La Lega Nord travolta dallo scandalo. Ma le magagne esistono da tempo: risalgono agli inizi degli anni Novanta

Andrea Tempestini
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La soffiata mi arrivò qualche tempo prima delle vacanze di Natale del 1994, verso le 23. Avevo appena chiuso il giornale per cui allora lavoravo, quando mi dissero: «Corri, c'è una riunione segreta della Lega, con Umberto Bossi». Presi l'indirizzo e mi precipitai. Erano i giorni in cui ci si attendeva uno sgambetto nei confronti del primo governo di Silvio Berlusconi, e una riunione della Lega aveva un suo certo peso. Quando arrivai all'indirizzo che mi avevano dato, pensai però a uno scherzo. Il numero era quello di un locale notturno del centro di Roma. Le foto appese all'ingresso inequivocabili: ragazze non molto vestite, balletti spintarelli. Mi armai di coraggio ed entrai con la classica scusa della ricerca dell'amico. Con la coda dell'occhio scorsi sull'uscio di una saletta riservata un deputato leghista. Uscii e attesi fino ad oltre le due del mattino. Vidi uno dopo l'altro lo stato maggiore della Lega uscire, con in testa proprio Bossi. Mancava solo Roberto Maroni, gli altri erano comunque un bel gruppetto. Ridiscesi nel locale e riuscii a trovare subito una bellissima ragazza brasiliana che era stata in quella saletta. Allungandole 100 mila lire e spiegandole che ero un giornalista, riuscii a strapparle qualcosina. Le avevano pure raccontato che avrebbero staccato la spina a Berlusconi, e ancora non era noto. Alcuni di quei leghisti avrebbero continuato a frequentare quelle ragazze anche dopo l'arrivo di Lamberto Dini a palazzo Chigi. Uno di loro - che aveva un ruolo di primo piano all'epoca - si innamorò perdutamente di una ragazza peruviana che certo ne approfittò, ma non gli rivelò mai il suo vero nome. Lui invece le faceva confidenze politiche per nulla scontate. Fu così che scoprii l'altra faccia della Lega. E anche qualche marachella, che naturalmente scrissi appena appresa. Una delle più grosse riguardava l'appalto per le pulizie della Camera dei deputati. Allora Montecitorio era guidato da Irene Pivetti, leghista, e nel collegio dei Questori il Carroccio era rappresentato dal segretario amministrativo dell'epoca, Maurizio Balocchi, il dirigente ligure che ha allevato Francesco Belsito e che prima di morire gli ha passato pure il testimone e la cassa del partito. Per le pulizie fu fatta una gara. Vi partecipò una mini cordata composta da due imprese: Italbonifiche-coop Olympus. Vinsero, ma Italbonifiche si tirò indietro all'ultimo e l'appalto restò alla coop Olympus. Questa era una società informatica, che solo la sera prima della gara cambiò l'oggetto sociale aggiungendovi «pulizie e facchinaggio». Il presidente della Coop era il marito di una dipendente della Lega, a cui era stato affidato il coordinamento di Timer, l'agenzia che il Carroccio si era costituito per piazzare a piacimento i portaborse ai propri deputati. Già un bell'impiccio così. Come se non fosse bastato quello, il titolare dell'Olympus era pure il padrone di casa di Balocchi: gli aveva affittato per quattro lire un delizioso appartamentino nella prestigiosa piazza delle Coppelle, dietro il Pantheon. La gestione delle pulizie fu rovinosa. E l'impresa (caso unico a Montecitorio), fu licenziata nella legislatura successiva da Luciano Violante, perché venne fuori che non aveva mai versato i contributi ai dipendenti. Anche la Timer ebbe qualche problema, perché su denuncia di un leghista fuoriuscito (Vittorio Aliprandi) la procura di Padova aprì un inchiesta che fece scalpore su 13 miliardi di lire di fondi finiti alla Pontidafin per la gestione dei portaborse. Nella legislatura 1996-2001 Balocchi tornò a fare a tempo pieno il cassiere della Lega. Fu lui l'inventore di tutte le leggi e gli emendamenti sul finanziamento pubblico dei partiti, e visto che gli avanzava tempo decise di correre insieme a colleghi della Lega nella gara del Bingo con la loro Bingo.net, che ottenne dai monopoli concessioni per sale bingo a Genova, a Roma e nel Veneto. Fu una passione per la Lega, visto che anche un'altra società ottenne quattro concessioni nel Triveneto: la Cristallina di Eduard Ballaman, che come Balocchi divenne questore della Camera nel 2001. E che per dimostrare la continuità di gestione, chiamò con sé la signora Balocchi. Ballaman poi ha fatto carriera, fino a diventare presidente del consiglio regionale del Friuli. Carica da cui si è dovuto dimettere dopo che la Corte dei Conti lo aveva pizzicato mentre usava l'auto blu a tavoletta a fini del tutto personali. di Franco Bechis

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