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Il popolo di Facebook

ha già cacciato Santoro

Silvia Tironi
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Vauro è saltato, le sue vignette sul terremoto in Abruzzo hanno superato il segno e così non sarà tra i protagonisti della prossima puntata di “Annozero”. Che verrà invece regolarmente condotto da Michele Santoro dal quale è lecito attendersi un'altra entrata in scena non sulla note di “Bella ciao”, come il 19 aprile del 2002 ai tempi della conduzione di “Sciuscià”, ma certamente qualcosa si starà inventando. Sulla rete si è scatenata la protesta già da una settimana, da quando giovedì scorso è andata in onda la puntata incriminata del suo programma (quella sul terremoto che ha devastato l'Abruzzo). E dopo gli ultimi sviluppi della vicenda, due gruppi su Facebook stanno riscuotendo successo. Si chiamano “Santoro vergognati” e “Cacciamo Santoro”: due titoli che lasciano poco spazio all'interpretazione. Il primo, con i suoi tremila e passa membri, si apre con l'editoriale che Mario Giordano scrisse sul Giornale l'indomani della sua ospitata ad “Annozero”, nella quale si trovò a fare i conti con un “uno contro tutti”. “Santoro durante Annozero ha lanciato accuse vergognose contro la Protezione civile. Gli ricordiamo che la Protezione civile non è di destra e non è di sinistra, ma di un'interna nazione che la sostiene con l'ausilio di migliaia di volontari”, scrive l'amministratore del gruppo, Antonio Corsetto, di Eboli. I componenti accusano il giornalista di essere uno sciacallo pagato coi soldi dei contribuenti, che avrà pure il diritto di esprimersi, ma non la libertà di offendere, di portare faziosità, lui che si definisce portatore di verità. Non manca (ma sono davvero pochi) chi difende a spada tratta il Michele nazionale, ma i loro commenti vengono immediatamente sormontati dalle repliche degli altri iscritti. L'altro gruppo più frequentato è “Cacciamo Santoro”, aperto a chi “detesta il palese comunismo e antiberlusconismo di Santoro, per chi detesta il modo in cui Santoro non fa parlare liberamente gli esponenti di destra, per chi detesta ed è stufo di tutta questa schifossima televisone comunista”. Il gruppo ha registrato un'impennata di contatti e adesioni nelle ultime ore. E non è un caso. Nel frattempo c'è anche chi si è dato appuntamento di fronte al cavallo di viale Mazzini per solidarietà nei confronti dell'incriminato. Il messaggio è stato lanciato, anche in questo caso, via Facebook e tra gli ideatori c'è Mario Adinolfi. Tutti davanti alla sede Rai perché ci sia libertà di criticare. Peccato che a vedere il video registrato dallo stesso Adinolfi, in realtà siano davvero pochi i sanguigni combattenti per la libertà. Il cosiddetto primo “flashmob” è stato un fallimento.  Dario Mazzocchi

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