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Flavour of Italy, una holding ambasciatrice del gusto in Irlanda

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AdnKronos
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Dublino, 12 nov. (Labitalia) - Sventola la bandiera del made in Italy, nella Settimana della cucina italiana nel mondo: saperi e sapori in campo per diffondere lo straordinario patrimonio agroalimentare del nostro paese. Ma c'è chi quest'opera la porta avanti tutto l'anno, e ne ha fatto anche un'opportunità di impresa: cervelli fuggiti, sì, ma anche ambasciatori del gusto e della la cultura enogastronomica italiana. E' l''Italy by italians', come recita il claim di Flavour of Italy, azienda nata a Dublino quasi 15 anni fa dall'intuizione di due giovani professionisti in cerca di un futuro migliore. E che oggi è una Holding attiva tra Italia e Irlanda nei settori dell'enogastronomia e dei viaggi, con attività diversificate dalla formazione alla ristorazione, all'organizzazione eventi (il prossimo, 'Barolo &Friends' è in programma il 14 novembre), tutte unite dalla passione per il cibo italiano trasmessa alla patria di adozione. Come racconta Marco Giannantonio, origini molisane orgogliosamente difese, fondatore di Flavour of Italy Group: “Questa è una storia che nasce nel 2005 dall'incontro di idee con il mio socio, Maurizio Mastrangelo. Io vivevo già a Dublino e avevo visto che in Irlanda c'era un clima interessante e parecchio fermento economico". "Così, unendo quelle che erano le nostre competenze, io venivo dall'Italia e facevo l'avvocato e Maurizio un economista che faceva il formatore, ci siamo detti - prosegue - che c'era un grande spazio per il made in Italy in Irlanda, soprattutto per il food and wine e avendo noi una passione per questo settore abbiamo pensato che avremmo potuto promuoverlo attraverso una scuola di cucina. Questa è stata l'intuizione iniziale che ha permesso poi di realizzare tutto il resto”. La Scuola di cucina italiana, l'unica a Dublino, nasce nel 2005. “Abbiamo cercato di mantenerla sempre alla portata di tutti. Non doveva essere una Scuola di cucina per professionisti ma per gente comune che ama l'Italia, curiosa dell'Italia, del cibo e del vino italiano. E da lì sono partite tutte le iniziative che poi hanno permesso alla Flavour of Italy Group di raggiungere obiettivi importanti e diventare oggi una realtà sicuramente affermata”, sottolinea Marco Giannantonio. “Noi oggi - spiega - abbiamo dai 5 ai 10 eventi settimanali con le aziende multinazionali che hanno sede a Dublino, e poi abbiamo le lezioni, che di solito svolgiamo il sabato mattina, cui partecipano da studenti a professionisti, a casalinghe, che vengono per imparare le basi della cucina italiana. La cosa bella che amiamo sempre ricordare è che c'è una componente conviviale durante le nostre lezioni, che diventa il valore aggiunto: tutti insieme si mangia intorno a una tavola comune il cibo che si è preparato insieme ai nostri chef”. “Quindi, questo è stato il core business che ci ha permesso di farci conoscere, e su questo poi - aggiunge - abbiamo avviato nuovi rami d'azienda, abbiamo coltivato nuove attività, prima fra tutte la catena di ristoranti Pinocchio. Poi, c'è un dipartimento che si occupa del catering, e una società con cui facciamo viaggi enogastronomici in Italia. E, infine, l'importazione e la distribuzione di prodotti italiani, soprattutto di piccole aziende di eccellenza, che fanno grossa fatica a vivere in Italia ma grazie all'estero riescono a sviluppare una fascia di mercato”. “Quello che abbiamo trovato in Irlanda - assicura - è la disponibilità e il supporto da parte dello Stato, un incentivo a fare impresa, a coltivare le nostre idee e a svilupparle. E questo è avvenuto all'inizio, durante e ancora oggi. Poi, fondamentale è stato il contesto, fatto dalle persone, senza il quale non avremmo mai potuto fare quello che abbiamo fatto”. Attraverso i corsi di cucina, quindi, il Gruppo è diventato un vero e proprio ambasciatore della cultura enogastronomica italiana, come afferma Giuseppe Crupi, calabrese di nascita e un destino da ingegnere, oggi direttore della Pinocchio Cookery School: “E' importante il fatto che vivendo all'estero non dimentichi le tue origini: in questo lavoro continuamente ti chiedono riferimenti alla tua cultura attraverso il cibo e quindi diventi un po' ambasciatore della cultura italiana proprio attraverso il cibo. L'irlandese, tra l'altro, ha un rapporto particolare con il cibo, è curioso, umile e ha senso dell'umorismo". "Quindi, per noi, il fatto di portare gruppi a cucinare piatti italiani, da un lato, è una chiave di lettura della cultura italiana: per loro è un modo di conoscere una cultura diversa ma attraverso un'attività divertente”, osserva Crupi. Ma non solo. “Dall'altro lato, i nostri corsi - aggiunge - funzionano anche come attività sociali, private come compleanni ma anche come team building aziendale. Le grandi compagnie pagano i loro dipendenti per svolgere attività e poi mangiare insieme. Nel nostro caso, combiniamo questi due aspetti facendo loro cucinare quello che poi mangeranno insieme. Nonostante non abbiano nessun background in termini di cucina, si sentono uniti nell'imparare insieme qualcosa di nuovo e questo non solo aiuta a creare spirito di gruppo, ma anche ad avere un diverso rapporto con il cibo artigianale perché capiscono quali sforzi ci sono dietro a pasta fresca o pizza”. “Noi vinciamo la paura - avverte - che loro hanno nei confronti del cucinare. Io cerco di risvegliare l'italiano che c'è in loro, inteso come amante del buon gusto e del buon mangiare, una componente che c'è anche nell'irlandese attraverso la cucina. Basti pensare a quanti prodotti di grande qualità vi sono anche in Irlanda e che valorizziamo attraverso la tradizione culinaria italiana, in un connubio che è la metafora perfetta di questa mutua valorizzazione”. Cultura del cibo, dunque, ma anche fattore umano per trasmettere il meglio dell'italianità. “Ho sempre cercato - dice Antonio Argentieri, pastry chef del Gruppo - di portare l'anima del genio italiano all'estero. E a Dublino, con Flavour of Italy, ho trovato questa qualità della valorizzazione dell'eccellenza umana, una meritocrazia che non c'è in Italia. E quindi qui mi sono fermato”.

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