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Milano, allarme donazioni di sangue: 9mila sacche in meno rispetto al periodo pre-Covid

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Federica Zaniboni
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«Vado a donare il sangue». Una frase sentita decine di volte. Eppure, quel collega, quell'amico o quel conoscente che l'ha pronunciata fa parte di una cerchia - quella dei donatori, appunto - piccolissima rispetto al totale dei cittadini che sarebbero idonei. E soprattutto sempre più ristretta. Sì, perché come spiega il presidente di Avis Milano Massimo Ferrarini, «a livello nazionale, su circa 30 milioni di persone che potrebbero mettere a disposizione il proprio sangue, sono meno di 3 milioni quelle che scelgono di farlo». Un dato che, in proporzione, si riflette anche nel capoluogo lombardo, dove «su circa 600mila possibili donatori, quelli effettivi si aggirano intorno ai 50mila». L'emergenza sanitaria, nell'ultimo anno, ha portato i numeri ad abbassarsi ulteriormente e, a Milano, «rispetto al 2019, si è registrato un calo del 10 per cento, con 9mila sacche di sangue in meno» sottolinea Ferrarini. «In termine di valore assoluto siamo ancora autosufficienti - continua - ma bisogna fare i conti con il problema delle compatibilità dei gruppi sanguigni». Tra quelli più rari e quelli più comuni, il gruppo maggiormente utile è lo zero negativo, perché, come spiega il presidente Avis Milano, «è compatibile con tutti».

Le cause della diminuzione dei donatori sono senz' altro da attribuire alla pandemia. «L'anno scorso molte persone non si sentivano tranquille a donare il sangue in ambienti sanitari. Adesso, invece, c'è penuria di personale infermieristico, perché la maggior parte degli operatori è impegnata con i vaccini» afferma. Lo stesso accade con le unità mobili di Avis, che durante il periodo di lockdown non hanno potuto essere ospitate nelle aziende, dove solitamente promuovono il tema della donazione e raccolgono numerose sacche di sangue. Ora che questa attività sarebbe di nuovo possibile, manca il personale sanitario. «Ciò che fanno le unità mobili nelle imprese è importantissimo, perché permettono ai donatori di coinvolgere facilmente anche gli amici e le famiglie. Nelle zone più centrali, inoltre, è anche un'ottima visibilità» aggiunge Ferrarini.

 Secondo il presidente di Avis Milano, quello della sensibilizzazione è un aspetto fondamentale. «Solitamente cerchiamo di farci ospitare nelle classi quinte delle scuole superiori, quando i ragazzi raggiungo la maggiore età e diventano idonei. Sicuramente l'informazio ne nelle scuole è un mezzo forte, ma la promozione della cultura sociale del dono dovrebbe partire ancora più dal basso. Sensibilizzare i bambini delle elementari, ad esempio, sarebbe di grande aiuto per la diffusione nelle famiglie». Lo scorso lunedì, l'Italia è stata scelta dall'Oms per celebrare la giornata mondiale del donatore di sangue: a Milano, i rappresentati delle nove associazioni cittadine, hanno girato per il centro in bicicletta, con partenza al Pirellone e arrivo a palazzo Marino. «L'obiettivo era quello di diffondere la cultura del dono, ma senz' altro è anche un modo per celebrare la scelta dei donatori, che salvano vite umane e assicurano terapie salvavita per tanti pazienti» commenta Massimo Ferrarini. «Basti pensare a una persona talassemica, che necessita di due, tre sacche di sangue ogni 15 giorni. Il fatto di averle fa la differenza tra la vita e la morte».

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