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Micro-quadro, truffa a Milano: così una donna si è fatta "soffiare" 125mila euro. Come vi fregano

Federica Zaniboni
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Sulle tele di Leonardo Da Vinci ci sarebbero stati nascosti dei "micro quadri" dal valore inestimabile, invisibili all'occhio umano, ma rinvenuti grazie alle nuove tecnologie. Una scoperta sensazionale e, naturalmente, del tutto falsa. Sì, perché i due che si spacciavano per avvocato e consulente finanziario, convincendo la gente a sborsare migliaia di euro per accaparrarsi una di queste opere, sono stati arrestati dalle fiamme gialle di Milano con le accuse di truffa e abusivismo finanziario. Il raggiro era basato proprio sui quadri realizzati dal genio vinciano e mirava a tutte quelle persone appassionate d'arte ma non abbastanza da scoprire l'inganno.

 

I due uomini finiti agli arresti domiciliari, un 46enne e un 49enne entrambi italiani, attraverso un meccanismo simile alla "catena di Sant' Antonio", erano riusciti a coinvolgere ben 200 clienti, convincendoli a diventare proprietari di questi "micro quadri" inesistenti. Una di questi, tra l'altro, aveva versato la somma di 124mila euro, che in parte sarebbero serviti per l'acquisto di 12 opere e in parte per 32 Token Art della pittrice Alina Ciuciu. Ciò che i truffatori raccontavano era che, all'interno di porzioni infinitesimali delle opere, Leonardo aveva occultato ulteriori dipinti. Non se ne era mai parlato perché era impossibile notarli a occhio nudo - secondo quanto riferito alle vittime - e adesso, grazie all'evoluzione tecnologica, erano stati scoperti. La proposta fatta dal finto avvocato e dal finto consulente finanziario era quella di attribuire la proprietà di queste opere all'interno di token - una sorta di valuta virtuale - che, nel giro di poco tempo, avrebbe guadagnato un immenso valore. A indicarne l'aumento, inoltre, c'era anche un fantomatico "contatore" online.

 

 

Proprio tutti questi termini tecnici - come token, blockchain e smart contracrt - sarebbero stati elementi fondamentali per la riuscita del raggiro. La donna che aveva versato una somma tanto alta, infatti, sarebbe stata confusa e suggestionata anche da queste parole, finendo quindi per cedere alla truffa e versare più di 120mila euro ai malviventi. In seguito alle indagini, condotte dalla guardia di finanza e coordinate dai pm milanesi Eugenio Fusco e Carlo Scalas, è emerso che i soldi rubati finivano in un conto in Svizzera. Gli arrestati sono anche accusati di esercizio abusivo della professione e il 46enne anche di possesso di segni contraffatti - per avere finti distintivi della polizia -, per ricettazione di beni di interesse archeologico - come un cratere campano del IV secolo a. C. -, oltre che di ricettazione e introduzione in Italia di orologi di lusso contraffatti. 

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