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Milano, rom e abusivi: guerra civile, cos'è successo veramente in via Bolla

Enrico Paoli
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Tecnicamente si è trattato solo di «legittima difesa». Perché se sei uno dei pochi inquilini italiani di uno degli alloggi Aler di via Bolla, periferia Nord Ovest di Milano, dove la maggioranza delle case è occupata abusivamente da rom e immigrati dei paesi dell'Est, non puoi fare altro, difenderti. Da tutto: dai ladri di appartamenti, dallo spaccio, dalla legge del più forte, imposta al posto del Codice penale. «Noi ci siamo solo difesi. I rom hanno usato le spranghe e ci hanno lanciato contro i loro bambini per aggredirci», racconta uno dei residenti degli alloggi popolari, dopo la maxi rissa scoppiata ieri l'altro sera tra inquilini e occupanti di etnia rom, dopo l'ennesima provocazione dai parte degli abusivi. Quelle strade sono «roba loro», guai a chiamare la legge, la vendetta arriva implacabilmente.
Ma lo scontro in strada dell'altra sera, sedato solo dopo un massiccio intervento delle forze dell'ordine, «che qua non vengono mai, hanno paura pure loro, dicono di avere le mani legate», urlano i residenti durante la marcia pacifica per protestare contro quanto avvenuto, è solo l'ultimo di una lunga serie di violenze e soprusi. Perché la zona di via Bolla, a Milano, è diventata, negli anni, un vero e proprio Far West, dove il racket delle occupazioni abusive vuol continuare ad avere le mani libere. Aler, l'agenzia regionale che gestisce il patrimonio immobiliare, sta recuperando i caseggiati, ma se non vengono eseguiti gli sfratti, buttando fuori gli abusivi, e il Comune non controlla, è il classico cane che si morde la coda.

LA PROVOCAZIONE - «I rom che abitano abusivamente negli alloggi popolari e nei camper sotto lo stabile hanno iniziato a sgommare con le auto nel piazzale», racconta Barbara, residente in via Bolla, «Ci siamo spaventati e siamo scesi a vedere cosa stava succedendo». A quel punto sarebbe scoppiata la rissa, con le spranghe recuperate da un cantiere aperto lungo la strada. «Noi ci siamo solo difesi», ribadisce la residente, «con calci e pugni, ma non abbiamo toccato i bambini». Secondo gli ultimi accertamenti delle forze dell'ordine tra le persone medicate ci sarebbe un bimbo di due anni. Il piccolo è stato portato in ospedale, a scopo precauzionale, per accertamenti.
Quando la rissa stava per degenerare gli inquilini delle case popolari hanno chiamato la polizia, intervenuta con una decina di volanti e con cinque squadre del Reparto mobile.
L'ordine, diciamo così, è stato ripristinato solo prima di mezzanotte. «Siamo rimasti svegli tutta la notte», prosegue Barbara, «io sono stata scortata dalla polizia fin dentro casa. Al mio civico siamo solo in 5 italiani».
Tutto è iniziato nel primo nel pomeriggio con un primo sconto. Attorno alle 21, poi davanti al caseggiato Aler gestito dalla Regione si sono riversate una sessantina di persone, alcune armate di bastoni e spranghe in una lotta tra inquilini abusivi di diverse etnie e regolari, che rende questa via, dell'estrema periferia Nord milanese una delle aree più complicate della città. I rapporti di convivenza tra gli inquilini degli alloggi popolari di Aler e gli occupanti abusivi di etnia rom sono complicati e si trascinano da anni, con problemi continui. Il bilancio finale parla di tre cittadini romeni, una donna e due minorenni, trasportati in codice giallo al pronto soccorso dell'ospedale San Carlo di Milano per accertamenti, ma è facile pensare che molti degli adulti coinvolti abbiano evitato di andare in ospedale.
Questa mattina una ventina residenti dei caseggiati si sono raggruppati sotto il condominio per protestare e dare la propria versione dei fatti.

VECCHIA POLEMICA - Gli scontri hanno riacceso la polemica tra Regione Lombardia e Comune di Milano sulla gestione degli alloggi di via Bolla che sono di competenza dell'Aler, l'ente regionale per le case popolari. Alessandro Mattinzoli, assessore lombardo alla Casa e Housing sociale, spiega che la Regione valuterà «la possibilità, nei casi più estremi, di ricorrere all'ausilio dei militari dell'Esercito, come avvenuto in passato, per contribuire a presidiare i punti e i luoghi a maggior rischio». Dal Comune, invece, chiedono la riforma dell'Aler, rovesciando la frittata. «Noi siamo pronti a collaborare, in tutto quanto è possibile», spiegato l'assessore comunale alla Sicurezza, Marco Granelli, «ma Aler e Regione non continuino a scappare dalle proprie responsabilità. Non c'è più tempo da perdere. Milano non può più permettersi cose così». Granelli ha pure ragione. Solo che il Comune, e con esso la questura e la prefettura, non ha mai risposto alle pressanti richieste dei residenti d'istituire un presidio fisso delle forze dell'ordine per evitare l'escalation di violenze e soprusi. Perché se Aler recupera il patrimonio immobiliare, il Comune deve pur gestire il territorio e la prefettura disporre l'impiego delle forze dell'ordine. Non a caso l'appello più forte è rivolto al ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese, affinché batta un colpo, disponendo l'invio di uomini e mezzi.

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