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Alessandro De Chirico: "Nei nuovi quartieri una strada intitolata a Berlusconi"

Claudia Osmetti
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«Silvio Berlusconi è stato l’ultimo statista italiano. Aveva uno sguardo che andava oltre il presente: era un precursore». Alessandro De Chirico è il capogruppo di Forza Italia nel Consiglio comunale di Palazzo Marino. Milanese di nascita (classe 1978), milanese per scelta (di vita, non ha mai abbandonato il suo quartiere: San Siro), un bimbo di due anni e mezzo e quella passione, per la politica, che lo ha portato dritto dritto dal Consiglio di zona 7 a piazza Scala. «Manca, Berlusconi», ribadisce: «Però il nostro compito, adesso, è cercare, per quanto si possa, di far sentire meno questa sua mancanza. Anche se è difficile».

De Chirico, partiamo da qui. Arriva settembre, è la prima stagione politica meneghina senza il Cav. Come vi state organizzando voi azzurri?
«Abbiamo degli appuntamenti importanti. Il primo è a Gaeta; poi ci sarà un incontro programmato per il 29 settembre (che è il compleanno di Berlusconi); a ottobre saremo a Monza nell’assemblea degli eletti a supporto di Adriano Galliani e partirà anche la stagione congressuale, nella quale ci siederemo attorno a un tavolo e faremo congressi veri».

In che senso?
«Io auspico che si parli di contenuti e si trovi una leadership forte sul territorio».

Milano ci sarà?
«Milano avrà un ruolo chiave».

La vedo determinato. Si è già fatto un’idea?
«Ne parleremo alla ripresa delle attività. I congressi ci saranno a febbraio, c’è tempo per capire chi saranno le persone candidate. Anche se, più che altro, io credo contino i contenuti e le linee programmatiche. Specie se lo scopo è attrarre sempre di più persone che aderiscano al progetto politico azzurro e al suo rinnovamento».

Sta pensando all’ala moderata che pare un po’ disaffezionata alla politica?
«Prenda il 50% degli elettori milanesi che non è andato a votare. Il nostro obiettivo deve essere convincere quelle persone: se non lo hanno fatto è perché non c’era una proposta politica adeguata che li ha convinti. I milanesi sono pragmatici e concreti, dobbiamo far loro delle proposte concrete. Non parlare di tutto e di niente».

A bruciapelo: lei si vede con un ruolo dirigenziale di partito?
«Io ho un ruolo importante all’interno del Consiglio comunale. Il mio obiettivo è strappare Milano al centrosinistra nel 2027. Mi concentrerò su quello. Poi che possa avere uno spazio anche all’interno del partito lo vedremo, sono uno che fa politica sul territorio. Credo di averlo dimostrato».


Come?
«Il mio gruppo è molto presente: dobbiamo tornare in mezzo alla gente, ma questo lo facciamo già a prescindere. Io i banchetti li faccio ancora oggi».

Senta, ma un pronostico? Sugli azzurri che verranno, intendo...
«A me è piaciuto molto il modo di porsi di Piersilvio Berlusconi. Non sarebbe male la continuità all’interno della famiglia».

E la via intitolata a Berlusconi? Lei l’ha proposta subito, dopo la morte, a giugno. Non se ne fa più niente?
«Quella proposta rimane anche se, come prevedibile, il sindaco Beppe Sala si nasconde dietro ai dieci anni della toponomastica: ma sappiamo che facendo domanda al prefetto, e quindi al governo, si possono ottenere delle deroghe. La maggioranza di Milano sta assieme con la colla, per questo Sala non ci sente e non farà nulla. Tra l’altro ci sono anche dei nuovi distretti che verranno realizzati».

Vuol dire strade e viali nuovi che non andrebbero nemmeno a modificare quello che già c’è?
«Sì, anche se basterebbe la volontà politica. Se lo volesse fare, Sala potrebbe. Non lo farà perché, lo conosciamo, non è un cuor di leone».


Capitolo centrodestra.Qui su Libero, domenica, il suo collega Riccardo Truppo (Fdi) ha lanciato un’appello all’unità della coalizione. Lo condivide?
«Assolutamente. Truppo sfonda una porta aperta, sono io che ho cercato in più occasioni di trovare una sintesi e posizioni comuni in passato. Detto ciò, devo però aggiungere che i miei ideali sono radicati in Forza Italia, io sono un liberale».

Be’, certo. Unità non significa conformismo. Sta dicendo questo?
«Guardi, come moderati, prima della pausa estiva, assieme a Luca Bernardo, Manfredi Palmeri, Gianluca Comazzi e Mariangela Padalino, ci siamo trovati per dare un segnale: noi abbiamo le nostre caratteristiche, ma ben volentieri ci sediamo al tavolo per preparare la prossima campagna elettorale. Che è lontana, ma non così tanto».

Occhi puntati al 2027?
«Bisogna lavorare a un programma che deve essere una proposta alternativa alla sinistra. Il muro contro muro non serve a niente. I milanesi, lo ribadisco, vogliono concretezza».
Ecco, appunto. Veniamo ai temi. La anticipo perché, vista la sua storia, so quale sarà il suo primo pensiero...

Mi sbilancio?
«Ci provi».


Lo stadio di San Siro.
«Era facile. A parte gli scherzi, spero che quanto prima ci sia una conferenza dei capigruppo convocata dalla presidente, Elena Buscemi, per calendalizzare una discussione su questo argomento. Io, però, sono poso fiducioso».

Che sia indetta la conferenza o che si possa trovare una soluzione?
«Per le prospettive. Le nuove arene ipotizzano di fare una quindicina di concerti all’anno, allora al Meazza cosa facciamo? Cosa rimane? Ho frequentato molti stadi moderni che in inverno sono riscaldati e in estate sono refrigerati: vuole mettere un concerto a metà luglio, quando fuori c’è l’arsura, con dentro il refrigerio? È tutta un’altra roba».


Allora è semplice, ristrutturiamo il Meazza...
«A parole è semplice. Chi è che si accolla 300 milioni di euro per modernizzare uno stadio quando ce ne sono due nuovi che non hanno bisogno di niente perché sono pronti all’uso? La vedo dura».

Ha ragione. E il quartiere tutt’attorno?
«C’è un intervento in corso d’opera all’ex Trotto che porterà dei benefici. Al di là dello stadio, l’intera zona è da rigenerare. C’è bisogno di un’apertura ai privati perché il pubblico, da solo, non ce la fa. La speranza è quella lì».

Chiaro. E il nodo scuola? Tra poco suona la campanella e mancano insegnanti...
«Non solo, mancano anche i posti per le bambine e i bambini negli asili nido. Da anni riproponiamo il tema della parificazione con gli asili privati a prezzi calmierati: è lo stesso discorso, bisogna assolutamente che ci sia questo tipo di dialogo pubblico-privato, ma da parte dell’amministrazione non c’è questo tavolo aperto».


Non pensa però che siamo un po’ fuori tempo massimo? Le scuole riaprono tra poco.
«Certo. Ma col dialogo si possono trovare accordi cammin facendo, ci sono 1.700 bambini non in graduatoria e forse il privato può supplire».


Insomma, fatto il buco almeno ci si metta una pezza...
«Quest’amministrazione parla tanto della pari opportunità tra uomo e donna, però poi non mette in condizioni, una volta finita la maternità, chi lavora di tornare in ufficio.
Finisce che qualcuno si deve “sacrificare” e stare a casa col bambino, non è che tutti hanno i nonni...».

È anche vero che quel qualcuno non è che deve essere necessariamente sempre e solo la donna. Lei lo farebbe il “mammo” per suo figlio?
«Senz’altro, lo stesso discorso vale per i padri. Io? Se mi dicessero “stai a casa col tuo bimbo” ne io sarei ben contento, come uomo».

Passiamo alla cura del verde. Ieri il maltempo, a luglio il maltempo... A settembre che si fa?
«Abbiamo chiesto subito un tavolo di confronto: per la verità avevamo proposto una commissione d’inchiesta che si è trasformata in un tavolo, ma va bene così. Adesso devono arrivare le risposte. Ci sarà anche la parte della sicurezza degli stabili comunali che vuol dire scuole sicure, case di cura con gli impianti anti-incendio funzionanti».

A proposito. Il disastro alla Casa dei coniugi. Quest’estate se n’è parlato molto, poi è calata l’attenzione. Adesso?
«Io seguivo la questione già da due anni, quando eravamo in campagna elettorale. Abbiamo presentato una richiesta di sopralluogo. Ci rifaremo sentire. Non abbassiamo la guardia passata la tempesta. E lo stesso discorso vale per i parchi e il piano case».

Scusi? Il piano case?
«Verrà discusso alla ripresa dei lavori, assieme al Piano di governo del territorio. Dobbiamo incidere nelle decisioni di questa amministrazione che andranno a ripercuotersi sulla città di domani. City Life, Porta Nuova: sono tutte intuizioni del centrodestra, dobbiamo lavorare affinché la Milano del futuro rispecchi le nostre idee e visioni».

Per esempio?
«Possiamo porre le basi per il famoso quadrilatero. Ci sono anche Corvetto, Calvairate e i quartieri periferici su cui l’amministrazione ha poca attenzione».

E c’è il caro affitti che, diciamocelo, incide e non poco nelle scelte abitative di oggi...
«Le amministrazioni di centrosinistra non hanno pensato a realizzare quartieri che possano ricevere studenti o mono-famiglie. Bisogna iniziare a pensare adesso per dopo. Andava fatto dieci anni fa, ma di grandi investimenti sulla casa non se ne sono visti».

De Chirico, lei è stato in vacanza?
«Non me ne parli».

Perché?
«Mi sono fatto male il giorno prima di partire: una distorsione al ginocchio, ho tolto le stampelle ieri. Sono scivolato, ero distratto con la testa già in ferie e sono caduto».

Urca, quindi nisba?
«No, sono stato in Calabria. Mare poco, però mi sono goduto il mio bambino e la mia famiglia». 

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