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Sangiuliano convince Sala: patto sulla Scala

Enrico Paoli
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Il teatro alla Scala di Milano improvvisare non si può. Soprattutto quando di mezzo ci sono poltrone importanti. E così, come per una grande opera (scegliete voi quale), anche per il cambio del sovrintendente (a febbraio del 2025 scade l’incarico di Dominique Meyer e il suo posto verrà preso da Fortunato Ortombina), il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, e il sindaco, Beppe Sala, hanno scritto musica e libretto per mandare in scena il cambio della guardia. Tecnicamente l’esponente del governo, con tanto di bacchetta in mano, ha dettato il tempo, mentre il primo cittadino del capoluogo lombardo ha eseguito lo spartito, senza sbavature né stonature, dimostrando di essere all’altezza della situazione e in sintonia con il direttore d’orchestra. Meglio di così...


Fuor di metafora musicale, l’arrivo alla Scala di Ortombina (mantovano, 64 anni a maggio, attualmente alla guida della Fenice), è il frutto maturo dell’accordo siglato fra Sala e Sangiuliano, in modo da evitare uno scontro attorno al vertice del teatro, una delle principali, se non la prima, istituzioni culturali del Paese. L’obiettivo del titolare del dicastero della Cultura, sin dal primo momento, è stato quello di portare alla guida del Piermarini un sovrintendente italiano, in nome di quella italianità rivendicata sin dal primo giorno. E non tanto per una questione di bandiera, o di passaporto, quanto per una logica chiara: la cultura italiana non è seconda a nessuno, siamo noi a insegnare agli altri, non viceversa.

Da qui, da questa necessità, è partita la trattativa che oggi il ministro Sangiuliano rivendica con particolare orgoglio. E a ragione. Dal canto suo il sindaco Sala ha disinnescato la mina piazzata sul suo percorso da leggi e veti incrociati, garantendosi la «pace» con i sindacati e l’appoggio del Cda del teatro. Essendo a metà del secondo mandato, e con molti fronti aperti, il primo cittadino del capoluogo lombardo è consapevole di quanto valga la pedina della Scala sullo scacchiere della politica. Immolarsi per Meyer, alla fine, non ne sarebbe valsa la pena, come gli hanno suggerito i suoi «consiglieri». Non solo: con questa mossa potrebbe ottenere il bonus anche per il Piccolo, visto che a maggio scade il direttore del teatro. Da qui l’alleanza con Sangiuliano. Sala, semmai, potrà tentare di riaprire la partita dei secondi incarichi, tipo direttore artistico o roba simile. Ma non è detto. Molto dipenderà da come Beppe intende capitalizzare l’operazione Scala con il governo, magari ottenendo fondi sul fronte dei trasporti.


L’annuncio del cambio è avvenuto nel corso di una lunga riunione informale, seguita da un breve Cda della Scala, nel corso del quale il sindaco, che è presidente del teatro, ha riferito ai consiglieri il risultato del suo incontro con il ministro della Cultura, che ha visto a cena a Roma una decina di giorni fa. La nomina dovrebbe avvenire nella prossima seduta del consiglio, al momento fissata per il 29 aprile, ma che potrebbe essere anticipata. Ortombina incontra tutte le richieste del ministero: ha l’età giusta (ben al di sotto dei settant’anni che il governo aveva messo come età limite nel decreto legge dello scorso anno, seppure restano dubbi che la norma valga anche per la Scala) e soprattutto, dopo tre stranieri, è italiano. Inoltre è apprezzato dal centrodestra, a partire dalla ministra degli Affari regionali, Maria Elisabetta Casellati. Ortombina, indicato da Sangiuliano, ha avuto incarichi diversi in tanti teatri importanti, dal Regio di Torino al San Carlo di Napoli prima di essere coordinatore artistico proprio alla Scala dal 2003 al 2007, per poi passare a Venezia prima come direttore artistico e poi, dal 2017, con il doppio incarico di direttore artistico e sovrintendente, con un contratto che scadrà il 12 dicembre. Altro argomento da affrontare sarà quello del nuovo direttore musicale, visto che in contemporanea con Meyer scade anche l’incarico del maestro Riccardo Chailly. 


Nel frattempo al Teatro di Roma, dopo le polemiche delle scorse settimane, è stato ufficializzato l’accordo tanto caro alla sinistra. L’assemblea dei soci ha approvato la riforma dello Statuto che introdurrà una gestione duale, con la previsione delle figure di un direttore generale e di un direttore artistico. Il presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca, ha confermato Luca De Fusco, che occuperà la casella del direttore artistico.
Perché con le poltrone la sinistra trova sempre la musica giusta da suonare, a Roma come a Milano.

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