Chiesa Rossa, il ricatto dei rom al Comune: "Occupiamo un'altra area"

di Massimo Sanvitogiovedì 3 luglio 2025
Chiesa Rossa, il ricatto dei rom al Comune: "Occupiamo un'altra area"
3' di lettura

La data cerchiata in rosso sul calendario (il 14 giugno) è passata da ormai due settimane ma al Villaggio delle Rose non si è mossa foglia. Le settante famiglie rom (oltre 230 persone) sotto sfratto sono ancora al loro posto, nonostante quella scadenza, messa nera su bianco nelle lettere spedite dal Comune ai residenti, imponesse il rilascio delle rispettive abitazioni.L’allergia alle regole, a queste latitudini, non stupisce più (la sfilza di precedenti è lunga come le pagine gialle) ma quanto emerso dal sopralluogo effettuato.

Innanzitutto, dal rapido censimento tra le villette del campo è emerso che non solo nessuno ha accettato le alternative proposte dalla giunta, ovvero case popolari in regime Sat (Servizi abitativi transitori) al di fuori delle canoniche graduatorie, ma sono spuntate anche due persone in più rispetto a quelle presenti negli elenchi comunali. E non è finita qui, perché i tecnici della rete di distribuzione dell’energia elettrica hanno pure scovato oltre cinquanta allacci abusivi: grovigli di fili inestricabili che Pd e compagni nei mesi scorsi hanno deciso di sbrogliare attingendo alle casse pubbliche. La bellezza di centomila euro per rifare gli impianti, in via temporanea e in attesa dello sgombero, evitando così a residenti e tecnici il rischio di rimanere folgorati.

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Unareti, una volta che saranno sistemati i contatori, per autorizzare la fornitura di elettricità pretende che le prese all’interno delle case siano certificate a norma: l’alternativa è quella di fornire un gruppo elettrogeno a ogni famiglia. Oltre alle grane elettriche, però, ci sono pure quelle relative all’ambiente (chissà cosa ne pensano gli eco-talebani della maggioranza...): le fogne scoppiano e le discariche abusive infestano l’aria. Per questo i tecnici comunali del demanio opereranno dei carotaggi nel terreno, sia dentro che fuori l’insediamento, per rilevare il grado di inquinamento.

La comunità di Chiesa Rossa, in ogni caso, sta premendo con forza affinché il Comune dia il via libera all’autogestione del campo attraverso una cooperativa che ne faccia un «modello abitativo ecologico, dignitoso e comunitario» dopo un quarto di secolo d’illegalità. Infatti, non c’è mezza famiglia che sia in regola coi pagamenti di luce, gas e acqua (qualcuno si è anche fatto la piscina...), eppure Palazzo Marino ci sta ragionando. Una soluzione di questo tipo, ovvero un’autonomia a 360 gradi, sarebbe però l’ennesima corsia preferenziale offerta ai rom della città. Difficile da digerire per i milanesi. In alternativa, i nomadi hanno chiesto tempo per smontare le proprie case e portarle altrove: un’opzione surreale che sa tanto di ricatto verso chi – Pd e compagni – li ha sempre coccolati ed è arrivato pure a organizzare una tribunetta elettorale all’interno dei confini del villaggio, a caccia di voti in occasione delle ultime Europee.

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Le trattative saranno lunghe e a differenza di quanto avvenuto l’estate scorsa per il campo di via Bonfadini – dove solo una dozzina di famiglie aveva provato a resistere allo sgombero fino all’ultimo, salvo poi accettare le case popolari offerte dal Comune – stavolta il sentore è che i rom non molleranno l’osso troppo facilmente. Le famiglie sono unite e disposte ad alzare la posta in palio. A fare da regista, al tavolo con l’amministrazione, c’è l’associazione Kethane che si occupa dei diritti di rom e sinti: chiedono il superamento dei campi ma allo stesso tempo guardano male l’alternativa delle case popolari.

ALTRO CHE INTEGRAZIONE
«Non vogliamo scavalcare le famiglie in coda per un alloggio perché noi lo abbiamo già», ripetono gli abitanti di Chiesa Rossa (lo hanno scritto anche su uno striscione sulla recinzione del villaggio), ma la verità è che la propensione all’integrazione, che passa anche e soprattutto dai modelli abitativi, è radente allo zero. Solo diritti, niente doveri: perché nessuno si prodiga a versare il dovuto nelle casse comunali? E dire che si parla di centinaia e centinaia di migliaia di euro. L’ultimo biglietto da visita spedito dal Villaggio delle Rose è il furto di una moto, poi spinta a velocità folli proprio davanti all’insediamento da due signori ubriachi e drogati. Ovviamente lì residenti. Rientrerebbe anche questo nel progetto di autogestione?

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