Sono le 7 di mattina quando gli “Aironi” del Nucleo problemi del territorio della Polizia Locale di Milano fanno bingo: i quattro baby pirati della strada che hanno falciato e ucciso Cecilia De Astis lunedì, per poi scappare senza chiamare i soccorsi, sono lì. Tra le nove roulotte della carovana abusiva di via Selvanesco, in mezzo ai campi di granturco e alle discariche abusive di un'estrema periferia, il Gratosoglio, che non sembra Milano ma lo è, ad appena una ventina di minuti a piedi dal luogo dell'incidente. Il più grande, quello alla guida della Citroen Ds4 rubata a un gruppo di turisti francesi domenica sera, ha 13 anni; il più piccolo ne ha 11; gli altri due, tra cui una femmina, ne dodici hanno. Sono tutti nati in Italia da famiglie bosniache. Due sono fratelli, tutti sono parenti. Nessuno va a scuola. E nessuno è imputabile (servono almeno 14 anni per poter essere processati): se va bene finiranno in comunità. Insieme a loro ci sono solo le mamme, perché i papà sono al fresco del carcere di Opera.
Ma come si è arrivato ad acciuffare il quartetto? Decisive le telecamere di un bar a poca distanza dal punto dell'impatto fatale, oltre alle registrazioni messe a disposizione da tanti privati del quartiere. Tre di loro, i maschi, indossavano una maglietta uguale: particolare che ha portato gli investigatori a individuare un negozio di un commerciale che vende le stesse t-shirt, dai cui occhi elettronici di videosorveglianza - in alta definizione sono stati messi a fuoco nitidamente i volti dei giovanissimi a bordo dell'auto. Immagini in mano, i ghisa sono andati a colpo sicuro nell'accampamento su cui era allungata sin da subito la lente d'ingrandimento, sia per la vicinanza sia per l'alta presenza di minorenni.
Milano, la mamma del rom: "La donna investita? Che capisce..."
Dopo la morte di Cecilia De Astis a parlare è la mamma di uno dei ragazzini rom che si trovava a bordo dell'a...Ma decisivo è stato anche il lavoro svolto con un 15enne, fratello maggiore di uno dei pirati, intercettato dal Nucleo speciale dei ghisa nel tardo pomeriggio di lunedì poco lontano da “casa sua”. Lui non c'entrava nulla ma il dialogo con le divise ha permesso di smuovere le acque su una situazione di omertà dilagante. Già, via Selvanesco. È una fetta di sterrato in fondo a una traversa, tra veicoli carbonizzati e immondizia di ogni genere, la dimora di questa comunità rom. Sono tornati lo scorso inverno, una manciata di donne e almeno 20/25 bambini e ragazzini, dopo una lunghissima sfilza di sgomberi. Un terreno all'interno del Parco agricolo sud, comprato diversi anni fa da un bosniaco e destinato alla carovana di camper e roulotte seppur non sia abitabile né tanto meno edificabile. C'è infatti un'ordinanza dell'Asl di Milano, datata 27 settembre 2013 e messa nera su bianco dopo un sopralluogo, che vieta l'accampamento.
Era infatti stara rilevata «la totale assenza dei requisiti minimi di vivibilità per le persone insediate nell'area, tra cui diversi minori» e la «contestuale presenza di rifiuti eterogenei ed organici con probabile infestazione di ratti». Il Comune - sindaco era Giuliano Pisapia - aveva quindi ordinato lo sgombero sottolineando come «la destinazione urbanistica a verde agricolo escluda la possibilità di attuare interventi di regolarizzazione degli insediamenti abitativi presenti». E lo sfratto era arrivato due mesi dopo. Nuova occupazione, nuovo smantellamento: siamo a fine gennaio 2014. Poi, dodici rom avevano deciso di fare ricorso al Tar della Lombardia, in nome di una «identità zigana» da preservare (avevano infatti sempre rifiutato le alternative proposte dalla giunta), contro lo sgombero forzato.
Ma i giudici amministrativi, nel luglio del 2017 (in quell'anno ci fu anche l'ultimo sfratto), avevano dato ragione al Comune. Che però non ha mai provveduto all'esproprio e alla messa in sicurezza dell'area, senza quindi scongiurare il ritorno delle famiglie, che puntualmente si è verificato. Gli ortisti, in questi mesi, si sono visti rubare di tutto, mentre il quartiere ha inalato il fumo delle auto e delle moto incendiate. Stando a quanto filtrato dal Ministero dell'Interno, però, il caso di via Selvanesco «non è mai stato portato dal Comune di Milano all'attenzione del tavolo sui campi nomadi in Prefettura». E arriviamo a oggi, coi quattro piccoli rom che escono dal campo come fossero adulti navigati, rubano un'auto parcheggiata a due passi dalla vicina chiesa e iniziano a sgasare, fino a perderne il controllo ea travolgere e uccidere una 71enne che stava andando a prendere il tram per tornare a casa. Poi, la fuga verso il loro covo. E il blitz dei vigili. Mentre la tensione della periferia vendita: il tempo della tolleranza sembra essere finito.