Le lezioni di pro -Pal nelle scuole milanesi, senza il dovuto contradditorio, stanno diventando la regola, oltreché un problema. Non a caso la Comunità ebraica meneghina lancia l’allarme sul rischio di radicalizzazione. La settimana prossima la Global Sumud Flotilla salirà nuovamente in cattedra in un liceo del capoluogo lombardo. L’istituto di istruzione superiore Severi Correnti, in una circolare del 30 ottobre, comunica a docenti, studenti e genitori che giovedì il consigliere regionale dei dem, Paolo Romano, incontrerà in Aula Magna gli alunni delle classi quarte e quinte per condividere la propria esperienza relativa alla partecipazione all’iniziativa Global Sumud Flotilla.
Un annuncio che naturalmente riaccende le polemiche dopo la precedente visita del consigliere regionale del Pd al liceo Vittorio Veneto. Accusato di aver partecipato ad un dibattito senza la presenza di interlocutori che difendessero le ragioni sello stato ebraico Romano aveva risposto che l’unico contraddittorio possibile sarebbe stato con il soldato dell’Idf che, a suo dire, lo aveva malmenato dopo l’arresto. La visita del consigliere regionale al Vittorio Veneto era stata seguita, pochi giorni dopo, da quella di un altro reduce della Global Sumud Flotilla, il giornalista e presidente di Arci Milano Maso Notarianni, al liceo Virgilio.
Un incontro durante il quale i militanti dei Giovani Palestinesi d’Italia, nella più totale assenza di contraddittorio, avevano perfino tenuto una lezione di storia del sionismo tra slides mostrate agli studenti e dichiarazioni shock.
REAZIONI
Prevedibile quindi la presa di posizione della Comunità Ebraica milanese che, per voce del suo addetto alla comunicazione, Davide Blei, si dice preoccupata dal continuo succedersi di incontri nei quali l’unica parola che conta è quella dei pro-Pal. Blei sottolinea che, in un momento storico nel quale gli atti di antisemitismo a Milano stanno divenendo sempre più frequenti «la Comunità guarda con particolare attenzione a quegli eventi che, invece di portare a un clima di pacificazione, buttano benzina sul fuoco dell’odio contro Israele». Proprio per questo la Comunità auspica vivamente che questa volta al liceo Severi Correnti le cose vadano diversamente, e che in occasione della visita del consigliere del Pd, si salvaguardi «il sacro principio del contraddittorio».
Per Blei il ripetersi di certi dibattiti a senso unico, come quelli avvenuti nelle settimane scorse in alcuni licei milanesi, sarebbe «una gravissima violazione del principio di imparzialità che scuole e atenei dovrebbero tenere». Tanto più che basta dare un’occhiata al sito Instagram di Paolo Romano per capire Israele quando radicale sia il suo pensiero. Come il video nel quale dichiara che quello in corso a Gaza è un genocidio e che Israele «sta trucidando nel sangue bambine e bambini dandoli fuoco e togliendogli acqua e cibo». E una richiesta di cautela viene anche da Davide Romano, direttore del museo della Brigata Ebraica.
Romano invita l’istituto Severi Correnti a garantire la pluralità di espressione per permettere agli studenti di farsi un’idea propria sulla questione «grazie a un contraddittorio che dovrebbe essere la base di ogni evento democratico».
Il direttore lancia poi l’allarme avvertendo che tutti i dati attualmente a disposizione della comunità ebraica indicano chiaramente che gli eventi pro-Pal senza contraddittorio creano pregiudizio antiebraico tra gli studenti. E la notizia dell’arrivo di Paolo Romano al Severi Correnti coincide con la pubblicazione da parte della rivista Il Mosaico nel quale si raccontano le storie drammatiche di studenti di origine ebraica che ormai hanno paura perfino di dichiarare la propria identità. Esperienze terribili come quelle di alcuni studenti universitari ebrei aggrediti mentre cercano confronto e dialogo proprio come nei periodi più bui del ‘900.
«Oggi, chi non “tifa” Palestina si sente a disagio», spiega uno di loro. Tra le esperienze una delle più dure è proprio quella di una studentessa di Giurisprudenza alla Statale di Milano. La ragazza racconta che ormai striscioni, cartelli, e scritte inneggianti alla Palestina libera sono dappertutto. «Non posso esprimere la mia opinione», spiega la studentessa «essere pro-Pal ormai è uno status sociale».
L’ALLARME
«Se li contraddici ti trattano male o ti escludono allora io ho nascosto sempre di più la mia identità», spiega la giovane raccontando che solo due amiche all’università sanno che della sua origine ebraica. «Ora ho paura e per questo ho smesso di dirlo ad altri», sottolinea la studentessa raccontando di due episodi che l’hanno segnata particolarmente. «Nel bagno delle ragazze ho letto: bombe su Tel Aviv, morte ai sionisti», ricorda evidenziando però che il peggio doveva ancora venire. Con il congelamento del rapporto tra la Statale e la Reichman University il rettore ha ceduto a un gruppo studentesco ed ora sono spuntate un pò dappertutto accampamenti e sale occupate. Per non parlare poi delle assemblee in cui spiegano come boicottare Israele e come riconoscere i prodotti israeliani dal codice a barre. Stessa esperienza anche da parte di uno studente della seconda liceo di un istituto del centro di Milano. Il giovane è traumatizzato dal fatto di vedere molti docenti esporsi in prima persona contro Israele e a favore di Gaza. «Durante un minuto di silenzio per la morte di Papa Francesco, il professore di scienze ha chiesto di dedicarlo anche ai bambini di Gaza», ricorda il ragazzo «mi è dispiaciuto vedere che non sono stati nominati gli ostaggi israeliani e sentire Netanyahu che veniva paragonato a Hilter».




