Cerca
Logo
Cerca
+

Benny Benassi, il dj che ha conquistato l'America: "Madonna e Coachella, ma la mia vera Satisfaction è la bici"

Leonardo Filomeno
  • a
  • a
  • a

"Sono arrivato al Gran Premio della Montagna. Adesso, piano piano, mi lascio andare". Il successo come una bellissima corsa in bicicletta. La musica come grande compagna di vita. Quella di un dj, Benny Benassi da Reggio Emilia, classe 1967, che da anni è un simbolo inarrivabile per la dance italiana. "Da ragazzo facevo ciclismo a livello agonistico. Girare il mondo in console mi ha regalato un'altra grande fortuna, visto che un giorno posso pedalare a Miami e quello successivo a Seattle", racconta emozionato. Con Satisfaction, un super classico, si è inventato uno stile, un suono, modellandolo e perfezionandolo nel tempo. Fino a renderlo praticamente unico. Tra collaborazioni stratosferiche (Madonna, Mika), remix folli (The Rolling Stones, David Bowie) e pure un bel Grammy, vinto con il rifacimento di Bring The Noise dei Public Enemy. Paradise, potente ed elegante come ogni sua produzione, non lo smentisce. "Anche se questa ondata di pezzi dance lenti mi affascina. Ripenso agli anni '80, a quando realizzare un intero dj set a velocità basse era possibile. Oggi, chiaramente, è impensabile".

Soprattutto nel contesto dei festival, ormai da tempo la tua casa.  
"Se un disco è bello e funziona, lo supporto, a prescindere dal fatto che abbia o no quelle tastiere di cui tutti dicono di essere stufi. Detto questo, credo che ognuno stia seguendo un proprio percorso. La tecnologia, poi, ti viene incontro. Puoi prendere la parte centrale di una hit radiofonica e inserire prima e dopo qualcosa di tuo, magari più ritmato. Resto comunque dell'avviso che un po' di melodia sia necessaria in ogni contesto. Anche nei festival, dove certe velocità e certe sonorità più dure devono esserci per forza". 
Da sola, insomma, questa dance non si basta. 
"Ma se la realizzi in un certo modo, oggi puoi arrivare a tutti. Ovviamente, rallentare soltanto non serve. Le melodie emozionanti non arrivano sempre. Kygo, per esempio, le ha. Alan Walker pure: il vestito di Faded è un po' dance, ma la sua resta prima di tutto una stupenda canzone pop. Il dj deve avere la fortuna di lavorare con un bravo musicista. O magari esserlo. Quando dico questo penso a Calvin Harris, a Zedd, gente che sa dove mettere le mani". 
Tu questa fortuna l'hai avuta. 
"Lavoro da sempre con mio cugino Alle. È preparato, ma certe cose non sono calcolate, come pensano alcuni. Se 13 anni fa avesse creato un Benny Benassi a tavolino, ne sarebbero usciti altri cento o mille. Invece il nostro è stato un percorso graduale, fatto di sacrifici, risultati e soddisfazioni. Per noi ha sempre parlato la musica".
È bello fare squadra, scoprire insieme l'evoluzione di un pezzo... 
"Infatti capisco quei giovani che si trovano tra le mani tracce potenzialmente forti ma adatte solo ai club. Pur avendo dalla loro la tecnologia, da soli non sempre riescono ad avere una visione a 360 gradi di un disco. Capisco un po' meno, invece, chi dice che nella dance sia tutto marketing e che servano grossi investimenti. Se vali, le risorse le trovi dentro di te, prima o poi". 
Che significato ha per te questa professione, oggi? 
"Significa continuare a mandare un messaggio sano a chi si avvicina a questo mondo. Può sembrare semplice, ma nel paese in cui un'operazione antidroga a Reggio Emilia viene chiamata Operazione disc jockey non lo è". 
Restiamo dei provincialoni senza speranze? 
"Restiamo il paese dei luoghi comuni, dove chi va a ballare è per forza un drogato. Eppure durante le mie serate, in Italia come altrove, vedo un sacco di ragazzi belli, positivi, intelligenti. Anche per questo, in tante cose non riusciamo a dire la nostra. Rispetto agli anni '90, c'è meno gente che ha voglia di investire nell'organizzazione di grandi eventi. Confido in chi sa ancora osare e ha le idee giuste per poterlo fare bene".
Se è per questo, anche con la musica ci siamo un po' persi. Su Satisfaction, siamo arrivati con un ritardo imbarazzante. 
"In molti ci mettevano in guardia su tutte quelle frequenze sbagliate, sul fatto che fosse troppo dura. Facevo fatica a proporla persino in discoteca". 
Ma poi ti hanno copiato tutti per anni. 
"Ci sono dei momenti in cui non ti rendi conto di quello che sta succedendo. Lo capisci dopo, ripensandoci. Forse è meglio così. Perché rimani coi piedi per terra e vai avanti". 
 È successo solo con Satisfaction?   
"Si è ripetuto sul palco del Coachella, quando John Legend ha cantato Dance the Pain Away. Per lui il mondo della dance era qualcosa di nuovo. L'idea mia e di mio cugino di abbinare voci soul e r&b a basi elettroniche era diventata una realtà. Quando riguardo le immagini del tendone elettronico, mi vengono i brividi. Anche in quel caso, ho capito dopo l'importanza di quel momento". 
Un altro momento importante lo hai vissuto in studio con Madonna. 
"Dieci giorni: 2 a Londra, 8 a New York. La base di Girl Gone Wild è piaciuta subito al suo management, lei ha poi fatto dei ritocchi. Quello che non ci aspettavamo è che ci avrebbe chiesto di raggiungerla anche a New York per scrivere altre canzoni. È una donna che sul lavoro dà il 200%, che tratta tutti alla pari. Quando è in tour fa prove dalle 5 alle 8 di pomeriggio e alle 9 è sul palco, non prima di aver pregato con tutto lo staff. Ho aperto diversi suoi concerti, questo avviene ogni giorno. Da Madonna ho imparato il modo di far squadra, ho fatto mia la visione positiva della vita che lei ha". 
Con Chris Brown vi siete ritrovati. 
"E nel video di Paradise facciamo pure una bella pedalata. Le biciclette le ho ordinate in un negozio specializzato in bici fisse. Poi ho tolto il fisso, nel senso che ho messo i rapporti liberi per affrontare con tranquillità le discese più pericolose. A Chris le bici sono piaciute talmente tanto che alla fine se ne è portata una a casa (ride, ndr)". 
Non è la prima volta che abbini ciclismo e musica. 
"In California ho un fatto un intero tour in bici, da San Francisco a San Diego. Di sera suonavo in discoteca, di giorno pedalavo per 5/6 ore di fila. Pedalare mi permette di pensare, di scaricare le negatività. Quando vado in bici sto bene". 
È lo sport che ti fa vivere bene? 
"Abbinato al cibo giusto, ovviamente. Non sono vegano, ma da un po' ho smesso di mangiare la carne. Credo molto in questo stile di vita. Anche perché ho 48 anni, mica posso essere rock n' roll tutti i giorni (sorride, ndr)". 
La salita più difficile?  
"Mi tornano in mente i primi tempi, quando con mio cugino abbiamo trasformato il garage in uno studio. Il momento più bello dal punto di vista creativo, ma anche il più duro economicamente, perché veniamo da una famiglia normale. Fare altri lavori per poterci comprare ogni singolo strumento è stato inevitabile".
Con la tua compagna come va?  
"Alessandra conosce tutto il mio percorso, abbiamo un rapporto solido. Anche con sua figlia Margherita ho un bel rapporto. Viviamo in una casa in campagna e siamo una bella famiglia allargata. Quando abbiamo bisogno di energia, andiamo a prenderla a New York. Margherita, tra l'altro, mi dà volentieri una mano con i social, soprattutto quando mi vede impacciato. Sai che un po' la invidio? (ride, ndr)". 
Come mai?  
"L'anno prossimo inizierà l'università, che non ho mai fatto. In realtà, è un mezzo rimpianto, anche perché se avessi continuato a studiare non avrei avuto il tempo per creare le basi per quello che è successo dopo". 
Un'altra figura fondamentale è tuo cugino Alle. 
"I nostri genitori vivono nella stessa casa, passiamo molto tempo insieme, anche quando non lavoriamo. In studio c'è una grande armonia, che in certi momenti diventa qualcosa di magico. Quando accade, ci basta uno sguardo per capire che una voce è perfetta o che quella melodia segna la svolta. Con Paradise è successo. Speriamo sia di buon auspicio anche per il nuovo album, su cui siamo al lavoro". 
Finché dura stai da Dio, insomma... 
"Non ho paure particolari. Sono circondato da grandi persone e da compagni di avventura incredibili. Da Jovanotti, il mio più grande motivatore, un artista dall'energia inesauribile, a Claudio Cecchetto, che ho conosciuto da poco, dopo aver passato una vita a sperare di incontralo. Qualche giorno fa mi ha detto: Quando mi sveglio la mattina, non ho voglia che il nuovo giorno sia ieri, ma domani e dopodomani. Ho sempre bisogno di qualcosa di nuovo. È quello che penso anch'io. Mi serve per stare ancora meglio. Per vivere al massimo tutto quello che faccio".

 

 

 

Dai blog